Per offrire servizi sempre più all’avanguardia e una Filiale più accogliente, la Filiale di Cuneo – Piazza Tancredi Galimberti 14 – resterà chiusa per lavori di manutenzione da sabato 19 giugno fino a domenica 27 giugno compreso.
In queste date non sarà possibile, per nessun motivo, accedere ai locali della Banca.
Tutta l’operatività verrà temporaneamente trasferita presso la Filiale di Saluzzo – Via Silvio Pellico, 23/25 – dove potrai trovare i servizi e la qualità di sempre.
La Filiale di Cuneo, con la sua nuova veste, riprenderà l’attività lunedì 28 giugno alle ore 12.00.
A partire da martedì 29 giugno ti aspettiamo, su appuntamento, con i consueti orari dalle 8.30 alle 13.30 e dalle 14.45 alle 16.00.
È la spinta delle giovani con meno di 35 anni a caratterizzare l’andamento della natalità delle imprese femminili nel primo trimestre. Come mostrano i dati dell’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere, le nuove imprese fondate da under 35 aumentano dell’8,1% rispetto alle iscrizioni registrate nei primi tre mesi 2020. Ancora molto timorose, invece, si rivelano le imprenditrici più adulte, la cui voglia di mettersi in proprio è inferiore del 2%.
Dopo la caduta delle iscrizioni complessive di nuove aziende guidate da donne registrata nel corso di tutto il 2020, torna comunque a salire lievemente, nel primo trimestre di quest’anno, l’indicatore principe della vitalità imprenditoriale: 26.299 le imprese femminili nate tra l’inizio di gennaio e la fine di marzo, a livello nazionale, contro le 26.044 dello stesso periodo di un anno fa, che è stato il dato più basso dal 2015. Sebbene ancora ben al di sotto delle performance del passato, la crescita dell’1% rispetto a gennaio-marzo 2020 segna, quindi, una prima svolta rispetto ai trimestri precedenti, anche se non assume ancora la robustezza degli anni passati.
In tutto questo lungo anno di pandemia, comunque, le giovani imprenditrici si sono mostrate un po’ più resilienti delle over 35. Nel secondo e nel terzo trimestre 2020, infatti, le iscrizioni delle imprese femminili giovanili si sono ridotte in misura minore rispetto a quelle (sempre rosa) non giovanili, fino a tornare in positivo nei primi tre mesi del 2021.
Le donne, comunque, continuano a pagare un prezzo più alto degli uomini alla crisi indotta dalla pandemia. Anche nel primo trimestre di quest’anno, infatti, l’incremento percentuale delle nuove imprese guidate da donne continua a essere ben inferiore a quello delle imprese maschili (1% a fronte del 9,5%).
A fine marzo, le imprese femminili in tutta l’Italia sono 1,330 milioni, pari al 21,97% del totale del sistema produttivo nazionale. In particolare, in Piemonte sono 95.705, per cui la loro quota risulta pari al 22,48% del totale regionale (tasso leggermente superiore al 21,97% che costituisce la media del Paese). In termini assoluti, il Piemonte è settimo per numero di imprese “rosa”; mentre Lombardia, Lazio, Campania e Sicilia risultano le regioni in cui si concentra il maggior numero di imprese guidate da donne. Invece, Molise, Basilicata e Abruzzo sono quelle in cui il “peso” delle aziende femminili è maggiore e pari a oltre un quarto del totale delle esistenti.
Boom di compravendite di soffitte e cantine, a Torino, nell’ultimo trimestre dell’anno scorso, quando nel capoluogo piemontese sono state registrati 1.401 passaggi di proprietà di “depositi pertinenziali”, il 364,5% in più rispetto allo stesso periodo del 2019 (allora erano stati 302). Nessun’altra metropoli italiana ha mostrato un incremento così elevato, rappresentando il record nazionale. L’aumento medio delle otto principali città del nostro Paese, fra le quali il capoluogo piemontese, è stato del 72,1% (7.524 le compravendite tra l’inizio di ottobre e la fine di dicembre 2020).
Comunque, la straordinaria crescita di acquisti e vendite di pertinenze è certamente conseguente alla pandemia, che, obbligando tutti a restare a lungo in casa, ha diffuso la consapevolezza dell’opportunità di avere una maggiore disponibilità di spazi domestici. Ecco, perciò, il forte ricorso all’acquisto di soffitte e cantine, fenomeno documentato dall’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate.
Lo stesso Osservatorio ha rilevato anche l’aumento delle compravendite di box e posti auto: nell’ultimo trimestre 2020, a Torino sono state 1.692, il 9,6% più che nel corrispondente periodo precedente. Un tasso, anche quest’ultimo, superiore alla media delle otto metropoli nazionali, che è stata del 4,1% (complessivamente, gli acquisti di box e posti auto sono stati 14.449, a fronte dei 13.874 di ottobre-dicembre 2019).
È rimasto invariato, invece, il numero delle compravendite di abitazioni. Nell’ultimo trimestre dell’anno scorso, infatti, l’Osservatorio del mercato immobiliare ne ha registrate 3,782, una in meno. Non stupisce. Soltanto Roma e Genova, infatti, tra le grandi città italiane hanno evidenziato aumenti, mentre i passaggi di proprietà nell’ultima parte dell’anno sono diminuite a Milano (-8,9%), Bologna (-5,4%) e Firenze (-3,9%). Sostanzialmente uguali ai precedenti, infine, i numeri di Napoli e Palermo.
In particolare, a Torino il 48,5% delle abitazioni che hanno cambiato proprietà nel quarto trimestre 2020 hanno una superficie compresa tra i 50 e gli 85 metri quadrati, il 23,2% tra gli 85 e 115 metri quadrati, il 12,6% meno di 50 metri quadrati, l’8,8% tra i 115 e i 145 metri quadrati, mentre solo il 6,9% superano i 145 metri quadrati. La media torinese degli alloggi passati di mano nel periodo è di 85,7 metri quadrati, superiore, tra le metropoli, soltanto a quella di Milano (79,2 metri quadrati). In tutte le altre sei maggiori città italiane la metratura media delle case passate di mano è superiore, fino al massimo di 109,9 metri quadrati di Palermo.
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In Italia, nonostante i miglioramenti conseguiti nell’ultimo decennio, non si è ancora in grado di offrire a tutti i giovani le stesse opportunità per un’educazione adeguata.
Il livello di istruzione e di competenze che i giovani riescono a raggiungere dipende ancora. in larga misura, dall’estrazione sociale, dal contesto socio-economico e dal territorio in cui si vive.
Lo ha censito l’Istat, aggiungendo che la pandemia del 2020, con la conseguente chiusura degli istituti scolastici e universitari e lo spostamento verso la didattica a distanza, o integrata, ha acuito le disuguaglianze.
Il divario con l’Europa sull’istruzione continua ad ampliarsi: in Italia, il 62,6% delle persone di 25-64 anni ha almeno il diploma superiore (54,8% nel 2010); ma tale quota è inferiore alla media europea di 16 punti percentuali. Tra i giovani di 30-34 anni, il 27,9% ha un titolo universitario o terziario (19,8% nel 2010) contro il 42,1% della media Ue27.
L’inserimento dei bambini di 0-2 anni nelle strutture per la primissima infanzia è cresciuto nel tempo, dal 15,4% nel triennio 2008-2010 al 28,2% nel 2018-2020, ma rimane un livello inferiore all’obiettivo europeo di almeno un bambino su tre fissato per il 2010.
A metà dell’anno scorso, è risalita 23,9% la quota di giovani di 15-29 anni che non studiano e non lavorano (Neet), dopo alcuni anni di diminuzioni. Incide particolarmente la componente dovuta all’inattività, specie nelle regioni del Centro-Nord, dove la ricerca di lavoro ha subito una brusca interruzione dovuta alla pandemia. In Italia l’aumento è stato più accentuato rispetto al resto d’Europa, accrescendo ulteriormente la distanza (+10 punti nel 2020). Altrettanto alta è la quota di giovani che escono prematuramente dal sistema di istruzione e formazione dopo aver conseguito al più il titolo di scuola secondaria di primo grado (scuola media inferiore). In Italia, il percorso formativo si è interrotto molto presto per il 13,5% dei giovani tra 18 e 24 anni, valore in netto calo rispetto al 2010 ma pressoché stabile dal 2017.
L’indagine Istat sull’integrazione degli alunni con disabilità nella scuola statale e non statale, cui hanno risposto nell’anno scolastico 2019/20, ha evidenziato come gli istituti si siano attrezzati in varie forme di didattica a distanza ma, nonostante gli sforzi di dirigenti, docenti e famiglie, l’8% dei bambini e ragazzi delle scuole di ogni ordine e grado è rimasto escluso da una qualsiasi forma di didattica a distanza e non ha preso parte alle video-lezioni con il gruppo classe. Tale quota sale al 23% tra gli alunni con disabilità.
La didattica a distanza si è scontrata con le difficoltà nelle competenze digitali della popolazione italiana, che presenta una delle situazioni peggiori in Europa. Nel 2019, tra gli individui di 16-74 anni soltanto il 22% ha dichiarato di avere competenze digitali elevate (contro il 31% nella Ue27). La maggioranza degli individui è in possesso di competenze basse (32%) o di base (19%) mentre il 3,4% ha competenze praticamente nulle e il 24% dichiara di non aver usato Internet negli ultimi tre mesi. Nel 2020 la possibilità di partecipare ad attività di apprendimento diverse dalla formazione scolastica e universitaria, è stata, anch’essa, bruscamente interrotta, soprattutto nei mesi di marzo, aprile e maggio, o parzialmente riconvertita in altre forme di fornitura. La partecipazione media per l’Italia è scesa al 7,2% degli individui.
A partire dal 2010, la partecipazione culturale fuori casa è molto diminuita, fino a toccare il minimo nel 2013 (30,6%) per poi registrare in tutti i territori un trend crescente fino al 2019. Nel 2020, il lockdown ha inciso sulle attività del tempo libero che si svolgono fuori casa, annullando completamente i progressi degli ultimi anni: la quota di persone di 6 anni e più che si sono dedicate ad almeno due attività culturali fuori casa (come andare al cinema, a teatro o a un concerto, visitare musei o mostre) è scesa al 30,8% dal 35,1% dell’anno precedente.
Diversamente, la lettura di libri, complice il maggior tempo trascorso entro le mura domestiche, è in ripresa (39,2%) rispetto al trend decrescente registrato fino al 2019 (dal 44,4% del 2010 al 38% nel 2019). È in aumento soprattutto la lettura di almeno quattro libri nell’anno, mentre si osserva una sostanziale stabilità nella lettura di almeno tre quotidiani a settimana.
Nel 2020 la pandemia da Covid-19 ha prodotto effetti non soltanto sulla mortalità, ma anche sulla mobilità residenziale interna e con i Paesi esteri, arrivando a incidere persino sui comportamenti riproduttivi e nuziali.
Le nascite risultano 404mila mentre i decessi raggiungono il livello eccezionale di 746mila. Gli effetti del lockdown hanno poi determinato inevitabili ripercussioni sul versante dei trasferimenti di residenza. Le iscrizioni dall’estero sono state 221mila e le cancellazioni 142mila. Ne deriva un saldo migratorio con l’estero positivo per 79mila unità, in grado di compensare solo in parte l’effetto negativo del pesante bilancio della dinamica naturale. Per quanto riguarda la mobilità interna, si rileva una riduzione del volume complessivo di circa il 12%: sono 1,308 milioni i trasferimenti registrati tra i Comuni italiani nel 2020 contro 1,485 milioni dell’anno precedente.
Il riflesso di tali andamenti comporta un’ulteriore riduzione della popolazione residente in Italia, scesa al 1° gennaio 2021 a 59 milioni 258mila.
Per effetto del forte aumento del rischio di mortalità, che ha dato luogo a 746mila decessi (il 18% in più di quelli rilevati nel 2019), la sopravvivenza media nel corso del 2020 appare in decisa contrazione.
La speranza di vita alla nascita, senza distinzione di genere, scende a 82 anni, ben 1,2 anni sotto il livello del 2019. Gli uomini sono più penalizzati: la loro speranza di vita alla nascita scende a 79,7 anni, ossia 1,4 anni in meno dell’anno precedente, mentre per le donne si attesta a 84,4 anni, un anno di sopravvivenza in meno.
La riduzione della natalità interessa tutte le aree del Paese, da Nord a Sud. Sul piano regionale le nascite, che su scala nazionale risultano inferiori del 3,8% sul 2019, si riducono dell’11,2% in Molise, del 7,8% in Valle d’Aosta, del 6,9% in Sardegna.