La ventesima edizione dell’Osservatorio Carte di Credito e Digital Payments, curato da Assofin, Ipsos e Nomisma con il contributo di Crif, conferma un’ulteriore evoluzione del mercato verso l’uso di strumenti alternativi al contante e un maggiore utilizzo di strumenti innovativi.
A fronte della ripresa dei consumi, il numero delle operazioni e gli importi complessivi transati con le carte di debito hanno registrato uno sviluppo significativo. E nel contesto di crescita dell’e-commerce, è proseguito l’incremento dell’incidenza delle transazioni online, che nei primi sei mesi del 2022 arrivano a costituire il 24% delle operazioni complessive via carta opzione/rateale.
Già nel 2021, la ripresa post pandemia e l’operazione Italia Cashless hanno contribuito ad accelerare lo sviluppo e l’utilizzo dei sistemi contactless e mobile. Allora le carte di credito attive in Italia risultavano 15,2 milioni, con un valore delle transazioni effettuate che si attesta nell’ordine di 84,6 miliardi di euro, dato in netta ripresa rispetto all’anno precedente, ma non ancora ai livelli del 2019.
Riguardo alle carte di debito, nel 2021 si è registrato un “utilizzo esplosivo”.
Il numero delle operazioni è aumentato del 53,5% rispetto al 2020 e il valore dei relativi volumi ha sfiorato complessivamente i 184 miliardi di euro. Fenomeno favorito dal cashback di Stato e dalla piena ripresa delle attività e dei servizi.
Il 2021 ha confermato, inoltre, la corsa all’utilizzo delle carte prepagate, già rilevata negli anni precedenti: il numero delle operazioni è salito del 34.7%, dando origine a un flusso transato di oltre 54,1 miliardi di euro (+26.6% sul 2020).
L’Osservatorio ha poi rilevato che nel primo semestre 2022, dopo il rimbalzo del 2021, è proseguito il trend di crescita delle carte di credito opzione/rateali (+16,8%), utilizzate prevalentemente in modalità a saldo (82% dei flussi). Solo il 18%, infatti, fa riferimento a rateizzazioni.
L’analisi del livello di rischiosità del comparto delle carte di credito mostra una lieve riduzione del tasso di sofferenza delle carte a saldo; viceversa, si osserva un lieve aumento per quelle rateali.
La crisi economica e sanitaria, comunque, ha riacceso l’attenzione sul rischio di credito, anche se i tassi di sofferenza osservati si confermano lontani da quelli registrati nei momenti di crisi del debito sovrano.
La situazione macroeconomica e geopolitica, però, potrebbe acuire nel 2022 le criticità incontrate da imprese e famiglie, generando tensioni sugli indicatori di rischio, che invece si sono mantenuti su posizioni contenute grazie all’attivazione delle moratorie pubbliche e private, di sussidi, della cassa integrazione e dei diversi strumenti a sostegno del reddito.
Quanto alla domanda, l’analisi mette in luce un incremento della frequenza d’uso e degli heavy user dei pagamenti digitali. Oltre alla crescita della frequenza d’uso mensile, nei primi sei mesi del 2022 cresce anche la spesa media mensile dichiarata con carta, che si attesta a 405 euro rispetto ai 397 euro del 2021.
Pure l’utilizzo della carta di debito registra significative crescite: la media sale a 4,6 volte al mese rispetto al 4,2 del 2021. E la spesa media mensile dichiarata rimane elevata, superiore a 400 euro.
Il maggior ricorso ai pagamenti con carte di credito anche per modeste spese è stato facilitato, oltre che dalle iniziative di Cashback di Stato, anche dalla funzionalità contactless. Chi utilizza la funzionalità oltre quattro volte il mese è in continuo aumento e il 77% dei titolari carte contactless ha utilizzato questa modalità di pagamento più di due volte il mese, rispetto al 70% di inizio 2021.
Prosegue, intanto, la diffusione della conoscenza dei pagamenti da smartphone/app e la quota di user si è ulteriormente ampliata nei primi sei mesi del 2022 rispetto a gennaio e agli anni precedenti. Il bacino potenziale degli m-payment è in costante e progressiva crescita e, considerando l’attuale quota di user, le potenzialità di ulteriore espansione sono elevate. In particolare, i pagamenti via App registrano una fortissima crescita di interesse tra i decisori (+73% rispetto al 2021).
A partire dal 2020 si assiste, poi, a una rapida espansione delle soluzioni di pagamento Buy Now Pay Later (Bnpl), complice la pandemia che ha fatto crescere l’e-commerce e ha reso più “digital” le abitudini dei consumatori e le significative adesioni dei merchant, che vedono la possibilità di aumentare il valore del fatturato.
In particolare, si rafforza tra i consumatori la notorietà del Buy Now Pay Later, anche tra i baby boomer.
Lunedì 21 novembre, in occasione della Giornata nazionale degli alberi, si è svolto un nuovo evento del progetto del Rotary Club Pinerolo dedicato all’ambiente che, come Banca, abbiamo avuto il piacere di sostenere e vivere da vicino in questi mesi.
Il progetto ha visto inoltre il coinvolgimento di giovani e giovanissimi studenti dell’area del pinerolese: la gara di plogging del 20 ottobre a cui hanno partecipato gli istituti superiori e, ieri, l’evento con i più piccoli.
I bimbi delle scuole elementari hanno piantumato 200 nuovi alberi, donati dal Rotary Club e dalla Regione Piemonte, sui terreni del Comune di Pinerolo, una piccola piantina che potranno vedere crescere e di cui potranno prendersi cura nel tempo.
Al grido di “Sì, noi siamo pronti a salvare il Mondo” non possiamo che fare nostro l’entusiasmo dei più piccoli e proseguire ogni giorno, come Banca e come singoli, nell’impegno di prenderci cura del nostro Pianeta, a partire da piccoli gesti quotidiani.
Ringraziamo di cuore gli amici del Rotary Club Pinerolo per averci coinvolto e dato la possibilità concreta di impegnarci per la tutela ambientale.
Banca del Piemonte ha partecipato al Future Bancassurance Awards 2022 e ha ricevuto il riconoscimento “Per un modello bancario che funziona da 110 anni anche in ambito assicurativo”.
Il premio è stato ritirato, con grande soddisfazione ed orgoglio, da Mario Campagnaro, Responsabile Funzione Prodotti Finanziari e Assicurativi.
Una delle priorità dell’Unione europea nel campo dell’istruzione e della formazione è la riduzione dell’abbandono scolastico, che ha gravi ripercussioni sulla vita dei giovani e sulla società in generale. Il fenomeno è monitorato, a livello europeo, attraverso la quota di 18-24enni che, in possesso al massimo di un titolo secondario inferiore, sono fuori dal sistema di istruzione e formazione (Elet-Early Leavers from Education and Training).
Questo indicatore è stato uno dei benchmark della Strategia Europa 2020, che ne fissava il valore target europeo al 10%, abbassato al 9% per il 2030.
In Italia, nel 2021 la quota di 18-24enni con al più un titolo secondario inferiore e non più inseriti in un percorso di istruzione o formazione è stimata al 12,7%, pari a 517mila giovani. Lo ha censito l’Istat, aggiungendo che nonostante l’Italia abbia registrato notevoli progressi sul fronte degli abbandoni scolastici, la quota di Elet resta tra le più alte dell’Ue (9,7%), inferiore solo a Spagna (13,3%) e Romania (15,3%); in Francia è al 7,8% e all’11,8% in Germania.
In particolare, tra i giovani con cittadinanza non italiana, il tasso di abbandono precoce degli studi è oltre tre volte quello degli italiani: 32,5% contro 10,9%.
Così come il raggiungimento di un titolo terziario, anche la dispersione scolastica è fortemente condizionata dalle caratteristiche socio-economiche della famiglia di origine. Se il livello di istruzione è basso, si riscontrano incidenze di abbandoni precoci molto elevate. L’abbandono degli studi prima del diploma riguarda il 25,8% dei giovani con genitori aventi al massimo la licenza media, scende al 6,2% se i genitori hanno un titolo secondario superiore e al 2,7% se almeno un genitore è laureato.
L’Istat ha anche rilevato che i giovani non più inseriti in un percorso scolastico/formativo e non impegnati in un’attività lavorativa, i cosiddetti Neet (Neither in Employment nor in Education and Training), presentano caratteristiche e motivazioni di base eterogenee, ma hanno in comune una condizione che, se protratta a lungo, può comportare il rischio di concrete difficoltà di inclusione nel mondo del lavoro.
Nel 2021, in Italia, la quota di Neet sul totale dei 15-29enni è pari al 23,1%, in leggero calo rispetto alla crescita registrata nel 2020 per l’impatto della pandemia sull’occupazione, ma è 10 punti percentuali superiore a quella europea (13,1%). L’Italia, perciò, continua a registrare la più alta quota di Neet nella Ue27, decisamente più elevata di quella osservata in Spagna (14,1%), Francia (12,8%) e Germania (9,2%).
Nel 2021, l’incidenza dei Neet è pari al 23% tra i giovani con al più un titolo secondario inferiore, al 24,9% tra chi ha un titolo secondario superiore e al 17,3% per coloro che hanno conseguito un titolo terziario. Nel Mezzogiorno la quota di Neet è pari al 32,2% (17% e 19,6% nel Nord e nel Centro) e sale al 33,3% tra gli stranieri (21,9% tra gli italiani), con una forte differenza di genere: 42% è la quota di Neet tra le straniere e 23,% tra le italiane (24,2% e 20,9% le rispettive quote degli uomini).
La percentuale maggiore di inattivi si rileva tra i giovani Neet con al più un titolo secondario inferiore (45,1%), soprattutto se donne (56,8%). L’inattività è minima tra i Neet del Mezzogiorno, tra i quali ben il 71% (53,3% nel Nord e 64,1% nel Centro) si dichiara interessato al lavoro, a indicare come in quest’area del Paese le minori opportunità lavorative pesino di più sulla condizione di Neet.
L’Istat ha comunicato inoltre che nel 2021, il 51,6% dei Neet disoccupati è alla ricerca attiva di lavoro da almeno 12 mesi, una quota più alta di quella del 2020 (44,9%). I Neet disoccupati (cioè alla ricerca attiva di un lavoro) sono quelli più attenti alle dinamiche del mercato del lavoro e dunque più facilmente integrabili; tuttavia, se la ricerca di un’occupazione si prolunga nel tempo cresce il rischio di transito all’area dell’inattività.
I Neet disoccupati da 12 mesi o più sono 350mila e risiedono prevalentemente nelle regioni meridionali, dove rappresentano il 61% dei Neet disoccupati (46,3% nel Centro e 39,4% nel Nord).