Una delle priorità dell’Unione europea nel campo dell’istruzione e della formazione è la riduzione dell’abbandono scolastico, che ha gravi ripercussioni sulla vita dei giovani e sulla società in generale. Il fenomeno è monitorato, a livello europeo, attraverso la quota di 18-24enni che, in possesso al massimo di un titolo secondario inferiore, sono fuori dal sistema di istruzione e formazione (Elet-Early Leavers from Education and Training).
Questo indicatore è stato uno dei benchmark della Strategia Europa 2020, che ne fissava il valore target europeo al 10%, abbassato al 9% per il 2030.
In Italia, nel 2021 la quota di 18-24enni con al più un titolo secondario inferiore e non più inseriti in un percorso di istruzione o formazione è stimata al 12,7%, pari a 517mila giovani. Lo ha censito l’Istat, aggiungendo che nonostante l’Italia abbia registrato notevoli progressi sul fronte degli abbandoni scolastici, la quota di Elet resta tra le più alte dell’Ue (9,7%), inferiore solo a Spagna (13,3%) e Romania (15,3%); in Francia è al 7,8% e all’11,8% in Germania.
In particolare, tra i giovani con cittadinanza non italiana, il tasso di abbandono precoce degli studi è oltre tre volte quello degli italiani: 32,5% contro 10,9%.
Così come il raggiungimento di un titolo terziario, anche la dispersione scolastica è fortemente condizionata dalle caratteristiche socio-economiche della famiglia di origine. Se il livello di istruzione è basso, si riscontrano incidenze di abbandoni precoci molto elevate. L’abbandono degli studi prima del diploma riguarda il 25,8% dei giovani con genitori aventi al massimo la licenza media, scende al 6,2% se i genitori hanno un titolo secondario superiore e al 2,7% se almeno un genitore è laureato.
L’Istat ha anche rilevato che i giovani non più inseriti in un percorso scolastico/formativo e non impegnati in un’attività lavorativa, i cosiddetti Neet (Neither in Employment nor in Education and Training), presentano caratteristiche e motivazioni di base eterogenee, ma hanno in comune una condizione che, se protratta a lungo, può comportare il rischio di concrete difficoltà di inclusione nel mondo del lavoro.
Nel 2021, in Italia, la quota di Neet sul totale dei 15-29enni è pari al 23,1%, in leggero calo rispetto alla crescita registrata nel 2020 per l’impatto della pandemia sull’occupazione, ma è 10 punti percentuali superiore a quella europea (13,1%). L’Italia, perciò, continua a registrare la più alta quota di Neet nella Ue27, decisamente più elevata di quella osservata in Spagna (14,1%), Francia (12,8%) e Germania (9,2%).
Nel 2021, l’incidenza dei Neet è pari al 23% tra i giovani con al più un titolo secondario inferiore, al 24,9% tra chi ha un titolo secondario superiore e al 17,3% per coloro che hanno conseguito un titolo terziario. Nel Mezzogiorno la quota di Neet è pari al 32,2% (17% e 19,6% nel Nord e nel Centro) e sale al 33,3% tra gli stranieri (21,9% tra gli italiani), con una forte differenza di genere: 42% è la quota di Neet tra le straniere e 23,% tra le italiane (24,2% e 20,9% le rispettive quote degli uomini).
La percentuale maggiore di inattivi si rileva tra i giovani Neet con al più un titolo secondario inferiore (45,1%), soprattutto se donne (56,8%). L’inattività è minima tra i Neet del Mezzogiorno, tra i quali ben il 71% (53,3% nel Nord e 64,1% nel Centro) si dichiara interessato al lavoro, a indicare come in quest’area del Paese le minori opportunità lavorative pesino di più sulla condizione di Neet.
L’Istat ha comunicato inoltre che nel 2021, il 51,6% dei Neet disoccupati è alla ricerca attiva di lavoro da almeno 12 mesi, una quota più alta di quella del 2020 (44,9%). I Neet disoccupati (cioè alla ricerca attiva di un lavoro) sono quelli più attenti alle dinamiche del mercato del lavoro e dunque più facilmente integrabili; tuttavia, se la ricerca di un’occupazione si prolunga nel tempo cresce il rischio di transito all’area dell’inattività.
I Neet disoccupati da 12 mesi o più sono 350mila e risiedono prevalentemente nelle regioni meridionali, dove rappresentano il 61% dei Neet disoccupati (46,3% nel Centro e 39,4% nel Nord).
Una serata ricca di emozioni, condivisione ed intrattenimento quella di ieri in occasione dei festeggiamenti dei primi 110 anni di Banca del Piemonte.
Camillo Venesio, sul palco del Centro Congressi Lingotto, intervistato dall’amico Mario Calabresiha parlato della storia della Banca, un passato da cui non si può prescindere, a cui bisogna sempre guardare, ma che non deve e non può essere un freno all’innovazione e al cambiamento.
Innovazione e cambiamento sono proprio gli ingredienti essenziali per le imprese che funzionano. EBanca del Piemonte funziona. Lo confermano i numeri, da sempre in attivo “Noi andiamo avanti con l’umiltà e la sana e prudente gestione che ci contraddistinguono”.
Il nostro Amministratore Delegato e Direttore Generale si è definito orgoglioso, riconoscente e ha speso sentite parole di ringraziamento anche per i partner di sempre, tra cui Reale Mutua Assicurazioni, Italiana Assicurazioni, Avvera S.p.A., Ion Group, Nexi S.p.A. e Prometeia S.p.A. “Riconoscente per essere arrivati fino a qui sani, riconoscente verso tante persone alle quali devo molto personalmente. Alla mia famiglia, innanzitutto, una famiglia solida fa tanto. Riconoscente verso amici, colleghi, collaboratori e maestri. Riconoscente ai miei figli. I giovani sono fondamentali, stimolanti. […] Le imprese che durano sono quelle che sanno reinventarsi e noi l’abbiamo fatto più volte, spinti dal talento dei giovani.”
La voglia è quella di crescere ancora, crescere facendo meglio le cose che Banca del Piemonte sa fare: maggior tecnologia, impegno, servizi, prodotti digitali, analisi dei dati, crescita delle risorse umane che sono il bene più importante, senza diventare mai “disumani”. Il cliente resta al centro, concretamente, tutti i giorni.
Non solo passato, presente e futuro, ma anche l’annuncio della nascita della Fondazione Venesio Ente Filantropico “Sono entusiasta di questo progetto che ci consente di offrire sostegno concreto e valore aggiunto alle persone e di promuovere ricerca, cultura e istruzione che sono i mattoni con cui costruire insieme il futuro”.
Per festeggiare questo importante anniversario abbiamo organizzato, mercoledì 12 ottobre, una serata speciale al Centro Congressi Lingotto, un’occasione per rincontrarsi e celebrare insieme questo nuovo traguardo.
Un evento dedicato alle persone che ogni giorno contribuiscono al successo della Banca e a chi ogni giorno ci concede la sua fiducia, un momento per stare insieme e festeggiare attraverso la bellezza e l’eleganza dello spettacolo realizzato da Sonics Acrobati, la storia e la tradizione di Banca del Piemonte.
Sosteniamo la Fondazione Venesio Ente Filantropico, nata su iniziativa della famiglia Venesio, per sostenere e valorizzare le persone, la cultura ed il territorio e promuovere attività di ricerca ed inclusione sociale.
A tre anni dall’ultima edizione fisica, è tornato a Torino ed in presenza il Salone dello Studente, iniziativa promossa da Campus editori.
Quelle di giovedì 6 venerdì 7 ottobre, al Pala Alpitur, sono state due giornate ricche di incontri e presentazioni dedicate a tutti gli iscritti delle scuole secondarie di secondo grado.
Una partecipazione senza precedenti, con 20.000 studenti che hanno riempito le due giornate curiosi di scoprire le opportunità per il loro futuro.
La nostra Banca ha partecipato al Salone dello Studente con uno stand dedicato, dove ha accorlto studenti e docenti volenterosi di sapere di più sulla nostra realtà e sulle nostre attività e con 4 lezioni sull’educaizone finanziaria.
Sono state 4 momenti interattivi e divertenti sul mondo del credito e della finanza: “L’educazione finanziaria come non l’hai mai vista!” non delle classiche lezioni, ma teoria mista a giochi e divertimento per avvicinare i giovani ad un argomento che può sembrare difficile e rischioso.
Siamo rimati davvero molto colpiti dalla partecipazione e dall’entusiasmo dei ragazzi che hanno interagito e si sono messi alla prova con noi!
Ottobre è il mese dedicato all’educazione finanziaria è questa è stata per noi un’ottima opportunità per avvicinare i giovani ed introdurli al mondo del credito e della finanza.
Grazie a tutti coloro che hanno partecipato e ad i nostri avatar, Alice e Marco, per averci aiutato in questo percorso!
Con il caro spesa determinato dai rincari energetici e la necessità di ridurre gli sprechi salgono a quasi quattro su 10 (39%) gli italiani che portano a casa gli avanzi del ristorante con la cosiddetta “doggy bag”, il contenitore per recuperare il cibo non consumato ed evitare così che venga buttato. Il fenomeno, ben più diffuso all’estero, emerge dall’indagine Coldiretti/Ixe’ che fotografa come la crisi causata dagli aumenti delle bollette e del costo della vita stia cambiando le abitudini di tanti.
Il numero delle persone che non lascia gli avanzi nel piatto quando va a mangiare fuori è, infatti, praticamente raddoppiato nel giro di meno di dieci anni.
Con l’inflazione che ad agosto 2022 ha raggiunto il record dal 1985 e i beni alimentari in aumento del 10,6% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente – rileva Coldiretti – per molte famiglie è diventato indispensabile ridurre al massimo gli sprechi. Una situazione che spinge così sempre più persone a superare l’imbarazzo e chiedere di portare via dal quanto rimasto sul piatto del ristorante per consumarlo successivamente tra le mura domestiche.
Dall’analisi Coldiretti/Ixè si evidenzia, però, che il 17% richiede la doggy bag solo raramente mentre il 12% degli italiani ritiene che sia da maleducati, da poveracci e volgare o si vergogna comunque a prendere questa iniziativa. Infine, c’è un 22% di italiani che non lascia alcun avanzo quando va a mangiare fuori, mentre la quota restante non chiede di portare via quanto avanzato perché non sa che farsene.Comunque, la ristorazione si attrezza e in un numero crescente di esercizi, per evitare imbarazzi, il cameriere domanda riservatamente al cliente se desidera portare a casa il cibo o anche le bottiglie di vino non finite e si mettono a disposizione confezioni o vaschette ad hoc. Un servizio nei confronti del cliente che ha un costo per ristoranti e agriturismi, considerati i rincari che devono affrontare, dall’energia alla carta da asporto con le buste per il confezionamento e la conservazione degli alimenti che cominciano addirittura a mancare.
Con oltre 1/3 della spesa alimentare degli italiani destinato ai consumi fuori casa le difficoltà della ristorazione si trasferiscono a cascata sull’intera filiera. A rischio, secondo la Coldiretti, c’è un sistema che dai campi alla tavola vale 575 miliardi di euro all’anno, quasi un quarto del Pil nazionale, e vede impegnati ben quattro milioni di lavoratori in 740mila imprese agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila aziende della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio.
La Coldiretti, inoltre, stima che oltre il 10% delle imprese del settore siano a rischio di chiusura per rincari diretti e indiretti determinati dall’energia che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio nelle campagne, ma anche per il vetro che costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, mentre si registra un incremento del 15% per il tetrapack, del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica.