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Pagamenti con smartphone e smartwatch

Pagamenti con smartphone e smartwatch

Forte impennata del numero di italiani che usano il cellulare o lo smartwatch per i loro pagamenti. Nel 2022 a usare soluzioni di mobile payment sono stati 6,4 milioni, mentre erano stati 5 milioni l’anno precedente. Lo ha calcolato l’autorevole Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano, in collaborazione con Ipsos, sottolineando che, oltre allo smartphone, nel panorama dei pagamenti innovativi stanno emergendo prepotentemente i dispositivi wearable, a partire dagli smartwatch, che si stanno diffondendo sempre di più anche nel nostro Paese.

Che cosa sono i wearable e come funzionano?

Quando si parla di tecnologie wearable, dispositivi wearable o semplicemente wearable, si fa riferimento a oggetti connessi dotati di tecnologia elettronica e capacità computazionale che un utente può portare sulla sua persona: orologi, bracciali, anelli, occhiali e altro.

Oltre alla “indossabilità”, le caratteristiche principali di questi dispositivi, abilitati dall’Internet of Things (IoT), che ha permesso di sviluppare oggetti intelligenti indossabili con cui possiamo interagire in qualsiasi momento della giornata, sono la connettività, l’efficienza energetica, qualità e affidabilità.

A differenza di altri dispositivi mobili con cui gli utenti interagiscono (tablet, smartphone), i wearable possono avere un utilizzo molto alto, dato che offrono un’esperienza seamless (ininterrotta) che si integra con la quotidianità delle persone. Infatti, il loro obiettivo è proprio rendere più semplice, veloce e automatizzato l’accesso a determinati dati e funzionalità.

Data la loro versatilità, i dispositivi wearable sono sempre più utilizzati in diversi ambiti, dalla salute all’intrattenimento e, appunto, i pagamenti. Infatti, grazie ad appositi chip dotati di tecnologia Nfc, sono abilitati per il pagamento nei negozi fisici: per pagare, è sufficiente avvicinare il proprio dispositivo al pos dell’esercente, proprio come si farebbe con una carta.

Se è vero, perciò, che nei prossimi anni lo smartphone sarà al centro della crescita dei pagamenti innovativi, è altrettanto vero che gli smartwatch probabilmente andranno a sostituire, almeno in alcuni casi, proprio lo smartphone. Fra l’altro, è stato stimato che nel 2022 i pagamenti tramite wearable in Italia abbiano già avuto un valore vicino al miliardo di euro.

Comunque, la loro integrazione nel mondo dei pagamenti sarà supportata dallo smartphone che, grazie allo schermo, offre l’accesso a servizi aggiuntivi rispetto al semplice pagamento (buoni sconto, carte fedeltà, servizio di risparmio e non solo) e permette agli utenti di sentirsi più sicuri, dato che offre la possibilità di visualizzare in tempo reale le informative relative ai propri pagamenti.

Proprio per motivi di sicurezza, perciò, i wearable sono spesso integrati con lo smartphone, in modo da poter ricevere notifiche immediate sui propri pagamenti.

Le transazioni tramite smartphone, che possono essere effettuate con strumenti quali carte di pagamento, credito telefonico, wallet elettronico o addebito diretto su conto corrente, occupano senza dubbio la fetta più interessante del mercato dei pagamenti digitali. Che, secondo l’Osservatorio Innovative Payments, nel 2022 hanno fatto registrare transazioni per 390 miliardi di euro con pagamenti digitali basati su carta (+18% rispetto al 2021). E se a questi si aggiungono altri 7 miliardi pagati con strumenti di pagamento basati su conto, il totale sfiora i 400 miliardi di euro.

I pagamenti digitali, quindi, fanno sempre più parte della quotidianità degli italiani, come testimoniato anche dalla continua crescita dello scontrino medio, arrivato a 47,20 di euro, tra i più alti a livello europeo.

Studiando il grado di propensione degli utilizzatori dei pagamenti digitali, l’Osservatorio del Politecnico di Milano ha suddiviso i consumatori in cinque cluster: pionieri (13% della popolazione), che sono molto ottimisti e innovativi e sono tra i primi ad adottare le nuove tecnologie; esploratori (19%), utenti innovativi ma allo stesso tempo attenti verso potenziali risvolti negativi di un eccessivo utilizzo della tecnologia; attendisti (26%), che non sono preoccupati dalla tecnologia, ma usano gli strumenti tecnologici solo se già mediamente diffusi sul mercato; esitanti (24%), che non sono né ottimisti né innovativi e non si sentono a loro agio con la tecnologia; infine, riluttanti (18%), che tendono a evitare l’utilizzo di strumenti tecnologici in generale.

Dall’analisi emerge che il mobile payment è utilizzato soprattutto da pionieri ed esploratori, più avvezzi alla tecnologia in generale. Tuttavia, è interessante notare che il mobile payment convince anche gli attendisti, dato che il 17% dei consumatori in questo cluster dichiara di utilizzarlo (contro il 15% della media complessiva).

Le soluzioni di pagamento tramite smartphone, comunque, si possono dividere in due gruppi principali: il primo include i pagamenti effettuati tramite wallet, che si basano su tecnologia conctaless Nfc, come per esempio Apple Pay, Google Pay, Samsung Pay, Garmin Pay e Fitbit Pay; il secondo invece include i wallet che si basano su altre tecnologie, come la geolocalizzazione o i Qr code, quali Bancomat Pay, Satispay, app proprietarie dei singoli merchant.

In conclusione, i pagamenti innovativi, soprattutto quelli attivati da smartphone, si stanno diffondendo velocemente e intensamente anche in Italia e sono usati non solo dai consumatori più propensi all’utilizzo della tecnologia, ma stanno convincendo anche gli attendisti, ossia quei consumatori che generalmente hanno qualche riserva in più sugli strumenti tecnologici e li usano solo se già diffusi sul mercato.

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I piemontesi tra i maggiori investitori in fondi comuni

I piemontesi tra i maggiori investitori in fondi comuni

La fotografia degli 11,5 milioni di italiani che investono 520 miliardi di euro in fondi comuni è stata scattata, alla fine dell’anno scorso, dallo specifico Osservatorio dell’Ufficio Studi di Assogestioni, che fa questa analisi dal 1996 con l’obiettivo di comprendere meglio come si evolvono le preferenze e le esigenze del risparmiatore italiano e che rappresenta un unicum a livello europeo.

Il valore medio dell’investimento degli italiani sottoscrittori in fondi è di 45.000 euro. Un importo che però varia a seconda della tipologia del prodotto scelto: più basso per i sottoscrittori di fondi italiani (27.000 euro), più elevato per i sottoscrittori di fondi esteri. Tra questi, il valore dell’investimento medio in fondi cross border si attesta a 52.000 euro.

Lo studio analizza anche la distribuzione della partecipazione al mercato dei fondi per modalità di sottoscrizione. In particolare, il versamento unico (Pic) rimane la forma prevalente, in quanto scelto dal 62% dei risparmiatori, mentre la quota dei sottoscrittori che investe prevalentemente tramite piani di accumulo (Pac) è pari al 22% e in forma mista il16%.

“Tra le evidenze più interessanti dell’Osservatorio ha sottolineato Riccardo Morassut, senior research analyst dell’Ufficio Studi di Assogestioni – emerge la scelta degli investitori under 40, i Millennials e la Generazione Z, che individuano nel Pac il proprio prodotto preferito di investimento; infatti, supera il 50% la quota dei sottoscrittori più giovani che investe attraverso piani di accumulo. Viceversa, oltre il 70% dei Boomers, sceglie di investire in un’unica soluzione”.

L’asset allocation evidenzia valori differenziati in base alla tipologia di prodotto. Tra i fondi italiani prevale l’investimento in fondi flessibili (42%) e obbligazionari (26%), a cui seguono gli investimenti in fondi bilanciati (22%) e azionari (10%). Tra i prodotti esteri cresce la componente azionaria, con il valore per i fondi cross border, che si attesta a 48%. Resta stabile attorno al 30% il peso dei fondi obbligazionari, mentre diminuisce la quota dei fondi flessibili e bilanciati (11%).

La maggior parte dei fondi italiani è acquistata attraverso il canale bancario (95%). Il peso dei fondi distribuiti dalle reti di consulenti finanziari aumenta sensibilmente tra i prodotti esteri: per quelli a distribuzione concentrata è pari al 27%, per i fondi cross border sale al 45%.

L’età media dei sottoscrittori italiani di fondi è 61 anni, con la generazione dei Boomers che pesa per il 41% del totale. A seguire, i risparmiatori della Generazione X con il 28%, le generazioni più anziane (ultra 77enni) che rappresentano il 18,5% e infine i risparmiatori più giovani (Millennials e Generazione Z), la cui partecipazione è più contenuta e si attestano al 13%.

“Gli under 40 stanno gradualmente iniziando a investire. Per questo, il 13% che rappresenta la quota di sottoscrittori più giovane, in particolare Millennials e Gen Z è da leggersi come un dato positivo: significa che i giovani scelgono lo strumento dei fondi per entrare nel mercato finanziario. Tuttavia – ha commentato Riccardo Morassutl’investitore tipo, nel nostro Paese, è un investitore maturo e non stupisce che la sua età media sia di 61 anni: si tratta di una tipologia di risparmiatore che ha maggiori possibilità di investire rispetto alle generazioni più giovani, che però hanno appena iniziato a farlo”.

Infatti, a seconda dell’età varia anche l’ammontare dell’investimento: i sottoscrittori ultra 77enni registrano investimenti più alti, che vanno mediamente dai 62.000 euro della Silent Generation agli 82.000 euro della Greatest Generation.

Rilevanti anche gli importi dei Boomers, pari a 53.000 euro. Le generazioni più giovani, invece, sono sotto la media nazionale: la Generazione X investe mediamente 37.000, i Millennials si attestano a 18.000 euro, mentre l’investimento della Generazione Z è 12.000 euro.

In questo contesto, non stupisce che circa la metà (47%) del patrimonio complessivamente investito appartenga alla generazione dei Boomers, mentre il 25% del patrimonio fa riferimento alle due generazioni più anziane (Silent e Greatest). I risparmiatori della generazione X detengono oltre un quinto delle masse totali (23%), mentre ai sottoscrittori più giovani è riconducibile il 5% del totale investito.

La differenza uomo-donna nell’universo dei sottoscrittori italiani si sta progressivamente annullando, in favore di un sostanziale equilibrio tra i generi, con le donne che oggi rappresentano il 47% degli investitori contro il 53% degli uomini. Anche l’investimento medio di uomini e donne si sta avvicinando nei valori: i primi investono circa 47.000 euro, contro i 43.000 delle donne.

Se questo è il quadro nazionale complessivo, è interessante notare le diverse specificità geografiche, a cominciare dal tasso di partecipazione, che indica la percentuale di sottoscrittori in rapporto alla popolazione residente e la cui media nazionale è del 20%.

Dall’Osservatorio emerge che la regione con il tasso più alto di partecipazione è l’Emilia-Romagna con il 30,8%, seguita da Lombardia (28,4%), Piemonte (27,9%) e Liguria (26%). Liguria, Lombardia e Piemonte sono anche le regioni in cui l’investimento medio è più alto e pari a 51.000 euro, mentre in Emilia-Romagna e Lazio sfiora i 50.000 euro.

Le regioni del Nord d’Italia sono anche le prime per investimento complessivo: oltre 145 miliardi in Lombardia, quasi 68 miliardi in Emilia-Romagna e più di 60 in Piemonte.

Il fatto che quasi 12 milioni di italiani affidano la gestione dei propri risparmi ai fondi comuni evidenzia la diffusione capillare di questa tipologia di investimenti. Un dato che potrà aumentare ancora proporzionalmente alla crescita del livello di alfabetizzazione finanziaria degli italiani.

 

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Vicini alla popolazione dell’Emilia-Romagna

Vicini alla popolazione dell’Emilia-Romagna

Banca del Piemonte, vicina alle famiglie e alle imprese colpite dal maltempo in Emilia-Romagna, azzera le commissioni su bonifici o altre forme di trasferimento fondi, disposti sui conti correnti dedicati agli aiuti per sostenere le popolazioni colpite dall’alluvione.

Tale iniziativa integra quella relativa alla sospensione dei mutui, con l’obiettivo di offrire un ulteriore supporto ai territori duramente colpiti in questi giorni dall’eccezionale maltempo.

Le commissioni sono azzerate per le operazioni di trasferimento fondi disposte dalle Filiali e dall’internet banking.

 

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Casa, compravendite per 123 miliardi

Casa, compravendite per 123 miliardi

Il mercato immobiliare residenziale nel 2022 si è chiuso con oltre 784mila transazioni, il 4,7% in più rispetto a quelle registrate l’anno precedente, per un valore stimato che ha sfiorato i 123 miliardi di euro. Questi sono alcuni dei dati contenuti nell’ultimo Rapporto immobiliare residenziale, realizzato dall’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate in collaborazione con Abi, l’Associazione bancaria italiana. Il rapporto contiene anche un’analisi delle principali caratteristiche dei mutui ipotecari erogati per l’acquisto delle abitazioni.

Con le 784.486 transazioni registrate lo scorso anno, il mercato residenziale italiano ha confermato il trend positivo incominciato a partire dal 2014 e interrotto soltanto dal dato negativo del 2020 (-7,7%).

Nel 2022 l’incremento delle compravendite è stato più accentuato nelle aree del Sud, in rialzo del 7%, e nelle Isole, dove si è attestato intorno al 9%. E se la Lombardia è rimasta naturalmente la regione con il maggior numero di compravendite nel corso dell’anno (oltre 165mila), è stata l’Umbria a far segnare il maggior rialzo con oltre 11mila scambi e una crescita del 14,2%. Sono seguite la Basilicata (+12,6%) e il Molise (+10,7%).

Tra le grandi città, invece, in testa per maggiore incremento nel 2022 è risultata Palermo (+11,3%), seguita da Milano (+6,1%), Torino (+5,9%) e Bologna (+3,4%).

Nel complesso, comunque, l’anno scorso sono state vendute abitazioni per un totale di oltre 83 milioni di metri quadrati (+3,2%), con una superficie media per unità abitativa compravenduta pari a 106,8 metri quadrati.

I dati relativi al fatturato calcolato per l’anno 2022 mostrano una stima complessiva che ammonta appunto a quasi 123 miliardi di euro, 4,7 miliardi in più rispetto al 2021 (+3,9%). Quasi il 57% del fatturato ha riguardato acquisti di abitazioni ubicate nelle aree del Nord, circa il 25% è invece riferito ad abitazioni compravendute nel Centro e poco meno del 19% è stato dovuto a scambi di residenze del Sud e delle Isole. Il fatturato per scambi di abitazioni è aumentato in tutte le aree del Paese.

Per contro, rispetto al 2021, il valore medio di un’abitazione compravenduta è diminuito di 1.100 euro in media nazionale. Il calo maggiore si è osservato al Centro e nel Nord Est.

Dal Rapporto dell’Osservatorio di Agenzia delle Entrate e Abi, fra l’altro, emerge che lo scorso anno in Italia circa 364mila acquisti di abitazioni sono stati effettuati ricorrendo a un mutuo ipotecario. Il capitale medio finanziato è risultato di poco superiore a 138 mila euro, in aumento di 2.800 euro rispetto al 2021.

Nel 2022, il tasso medio applicato alle erogazioni per acquisto di abitazioni è salito, rispetto al 2021, di 0,63 punti percentuali, portandosi così al 2,5%. Tassi medi più elevati sono stati rilevati nelle regioni del Sud (2,75%) e del Centro (2,59%), mentre i tassi più bassi sono stati registrati nel Nord Est (2,31%). In lieve aumento è stata la durata media dei mutui (24,8 anni), analoga tra le aree del Paese, mentre la rata media si è attestata a 623 euro mensili.

All’interno del Rapporto è illustrato anche l’andamento dell’indice di accessibilità (affordability index), elaborato dall’Ufficio Studi dell’Abi, che sintetizza l’analisi dei vari fattori (reddito disponibile, prezzi delle case, andamento, tassi di interesse sui mutui) che influenzano la possibilità per una famiglia di acquistare un’abitazione contraendo un mutuo.

Nel 2022 il livello dell’indice di accessibilità è rimasto significativamente elevato nel confronto storico, pur in lieve riduzione rispetto al 2021, a seguito dell’avvio dei rialzi dei tassi di interesse da parte della Bce. Le tendenze dei primi mesi di quest’anno confermano la prosecuzione di una fase di riduzione dell’indice.

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BTP VALORE 4 anni

BTP VALORE 4 anni

Dal 5 al 9 giugno 2023, salvo chiusura anticipata, con Banca del Piemonte puoi sottoscrivere la prima emissione di BTP Valore riservata ai risparmiatori individuali e affini (retail). Durata 4 anni, cedole semestrali crescenti nel tempo e premio extra finale di fedeltà.

Caratteristiche principali

Il BTP Valore prevede delle cedole prefissate crescenti nel tempo (step-up) e un premio extra finale di fedeltà pari allo 0,50% del capitale investito per i risparmiatori che lo deterranno fino alla scadenza. Durata 4 anni.

Zero commissioni di sottoscrizione.

Come sottoscriverlo

Puoi acquistarlo online direttamente dal tuo internet banking oppure contattando il tuo Gestore o rivolgendoti alla tua filiale di riferimento per prendere un appuntamento.

Per maggiori informazioni consulta il sito del MEF – Ministero dell’Economia e delle Finanze

 

Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Tutte le informazioni riportate non costituiscono un’offerta o una sollecitazione ad investire né una raccomandazione di investimento. Maggiori dettagli sull’emissione sono presenti sul sito del MEF dove è possibile trovare la documentazione ufficiale della predetta emissione.

 

 

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