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Leggere Shakespeare: ecco, il segreto per essere un buon banchiere

Leggere Shakespeare: ecco, il segreto per essere un buon banchiere

Agosto, periodo di vacanze. È l’occasione per usare bene il tempo e la libertà dagli impegni per fare buone letture: ma quali?

A rispondere è Camillo Venesio, il nostro Amministratore Delegato e Direttore Generale, in occasione dell’intervista rilasciata venerdì 23 agosto su “La Repubblica – Torino”.

 

«Il mese di agosto – dice il nostro Amministratore Delegato – per noi che lavoriamo nella finanza, e quindi in un universo molto sensibile alle turbolenze geopolitiche, non è stato quasi mai di assoluto riposo».

Eppure, ripensando alle sue letture estive, aggiunge: «Sono un appassionato di Shakespeare, che leggo e rileggo da anni, e se penso a un libro che ha segnato la mia estate e che da allora continua a darmi la misura del mio scrittore di culto, questo libro è una biografia del Grande Bardo scritta dallo storico inglese Max Meredith Reese: “Shakespeare. Il suo mondo e la sua opera”».

 

Un tomo di seicento pagine, che tratta di uno dei grandi maestri dell’umanità: ma allora, perché leggere Shakespeare per essere un buon banchiere?

Ce lo svela Camillo Venesio: «Nella mia vita professionale leggere Shakespeare mi è servito molto di più di tanti corsi che ho fatto per capire le dinamiche relazionali del potere, per conoscere le caratteristiche dell’animo umano, sia nella crudeltà sia nell’amore, sofferenza e gioia, carità, avidità e generosità. Faccio solo una citazione: per me leggere Shakespeare significa stare come chi, seduto su un promontorio, intravede da lontano la riva».

Lo tsunami di regole che paralizza l’Ue

Lo tsunami di regole che paralizza l’Ue

Negli ultimi anni, si sono moltiplicate le analisi sulle cause delle crisi finanziarie e delle recessioni che, tra il 2007 e il 2017, hanno minacciato di travolgere le principali economie mondiali.

Una breve frase che sintetizza bene il contesto è stata scritta da Paul Samuelson, premio Nobel per l’Economia, al manifestarsi della prima terribile crisi finanziaria negli Stati Uniti: «La causa della peggiore crisi finanziaria degli ultimi 100 anni è stata l’assenza di controllo sul capitalismo libertario del laissez-faire di Friedman-Hayek. […] Questi due uomini sono morti, ma la loro eredità avvelenata continua a vivere».

 

La forte richiesta dei vertici politici di ridurre le probabilità di future crisi ha portato ad un vero e proprio “tsunami regolamentare” negli ultimi quindici anni, specialmente in Europa.

Nel 2023, solo in Italia, sono state oltre 12.000 le “notizie” di carattere normativo (leggi, disposizioni della Banca d’Italia, pubbliche consultazioni, Direttive, Regolamenti Europei, provvedimenti dell’Agenzia delle entrate, comunicazioni Consob…) a banche, assicurazioni e altre imprese.

Fanno riflettere allora le parole di un banchiere spagnolo che, nel lontano 2019, ha osservato che «il numero di parole della Capital Requirements Regulation (Crr) è di circa due milioni, pari a tre volte quelle della Bibbia», e le stesse parole spaventano se pensiamo che la Crr — che riguarda le banche — è solo una delle innumerevoli regolamentazioni di questi anni.

Tuttavia, questa sovra regolamentazione ha sollevato preoccupazioni sulla competitività dell’economia europea rispetto agli Stati Uniti e Cina. Nonostante l’Europa sia la migliore in termini di regolamentazione rischia di sacrificare la crescita e l’innovazione.

Nicolai Tangen, a capo del fondo sovrano norvegese, ha osservato come l’Europa sia meno ambiziosa e più regolamentata rispetto agli Stati Uniti. È essenziale, dunque, che le istituzioni europee trovino un equilibrio regolamentare che favorisca competitività e crescita, evitando un approccio eccessivamente punitivo che potrebbe alimentare il malessere sociale.

 

Il nostro Amministratore Delegato conclude la sua interessante riflessione con parole di grande consapevolezza e speranza.

A volte mi chiedo se vi sia nei regolatori piena consapevolezza di quale sia il ginepraio di norme, di tutti i tipi, che hanno ingabbiato le attività economiche europee; per capirlo dovrebbero forse inviare qualcuno a osservare dall’interno, per qualche tempo, la vita quotidiana di imprese, banche e assicurazioni.

Come cittadino e imprenditore convintamente europeo posso solo auspicare che il prossimo futuro ci riservi coraggiosi e lucidi legislatori, magari ispirati da altrettanto lucidi economisti capaci di staccarsi dal pensiero oggi prevalente, che partendo dalla comparazione della crescita negli ultimi venti anni dell’economia europea con quella nordamericana, agiscano con vigore e determinazione, in modo da arrivare a una situazione regolamentare più equilibrata e sostenibile, attuando una concreta e ampia opera di semplificazione e razionalizzazione delle normative che permetta di far tornare l’Europa competitiva in un sentiero di crescita e innovazione.

Il prossimo futuro è oggi. Non c’è più molto tempo.

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