Le persone non sono computer
In un corso di vita che, oggettivamente, ci pone di fronte a nuove sfide, ciascuno di noi interviene modellando la realtà, colmandola, correggendola, stirandola… Che interpretazione diamo della realtà che ci circonda? Come ci comportiamo da un punto di vista sociale, collettivo, individuale? Siamo allegri, siamo tristi, siamo fiduciosi o disinteressati…? Seguiteci in questo piccolo viaggio nelle tendenze più personali, e non preoccupatevi se emergeranno degli aspetti un po’ critici, perché l’educazione finanziaria ci darà tanti spunti per gestirli.
AAA Futuro cercasi
Il futuro è il posto in cui passeremo il resto della nostra vita, eppure, sembra essere un luogo disabitato…
Quanti di noi hanno obiettivi chiari da raggiungere nel 2030, 2035, o 2040? Probabilmente pochi… Numerose ricerche ci mettono in allerta da un breveterminismo che avanza e che pone noi italiani ai vertici della classifica (fonte: Banca d’Italia «Measuring the financial literacy of the adult population»).
Ci sono diversi atteggiamenti che si possono adottare quando ci si relaziona con il futuro. Il principale, e più diffuso, è quello della disattivazione. Il futuro, semplicemente, non sembra esistere.
C’è poi la cronofrenesia, che ci fa vivere chiusi in barattoli di contingenze, alla rincorsa di scadenze da rispettare e lunghe liste quotidiane da completare. In entrambi i casi qui è il presente ad essere protagonista. Se invece ci ritroviamo a rimpiangere i tempi andati, guardando al passato come al luogo ideale in cui tornare, allora abbiamo a che fare con la retrotopia, un atteggiamento ingannatore, che resetta gli aspetti negativi del passato esaltandone le sole bellezze. La distopia, è un altro approccio diffuso, spesso alimentato da eccesso di cattive notizie sui media, che ci porta a circondarci di pensieri negativi nei confronti di un futuro ormai perduto.
“Il futuro è il posto in cui passeremo il resto della nostra vita, eppure, sembra essere un luogo disabitato…”
La fiducia in un tempo che non c’è ancora richiede invece un salto immaginativo e progettuale ed è facilitata dalla predisposizione verso un progresso positivo.
Chi ha paura di…?
In Italia ci sono circa 6 milioni di panofobici, persone che hanno timore di tutto e tra questi, probabilmente, rientra anche qualcuno di noi. Secondo il Censis, molti di questi sono donne (4,7 milioni) e giovani (1,7 milioni tra i 18-34 anni e 1,5 milioni over 65): siamo l’unica specie al mondo in cui i giovani mostrano più timori degli anziani…
Insomma, siamo un po’ spaventati e abbiamo voglia e bisogno di qualcuno che ci aiuti a quietare le nostre ansie.
La paura è un’emozione naturale, talvolta protettiva, ma è importante tenerla sotto controllo ed evitare che ecceda. Assumere consapevolezza sulle sfide della vita economica, ci permette di indossare le lenti della razionalità e di gestire l’inatteso.
Fidarsi è bene, non fidarsi…
Di quante persone o cose ci siamo fidati da quando abbiamo sentito il trillo della sveglia questa mattina? Moltissime…
Viviamo immersi nella fiducia, proprio come un pesce è immerso nell’acqua… eppure non ce ne rendiamo conto. La fiducia è un bene prezioso, è l’interruttore che accende o spegne qualsiasi tipo di relazione e che condiziona ogni nostra scelta. Ci sono due modi per porsi nei confronti degli altri: il primo è, mi fido di te, fino a prova contraria. Il secondo è, non mi fido, dimostrami che posso darti la mia fiducia. Qual è l’approccio più diffuso nel nostro Paese? Il secondo… Partiamo con un muro, viviamo sulla difensiva. Tendiamo a non fidarci più di tutti quei soggetti “esperti” che hanno il compito di guidarci nell’incertezza e di aiutarci a raggiungere con competenza i nostri traguardi (scolastici, professionali, personali).
“La fiducia è un bene prezioso, è l’interruttore che accende o spegne qualsiasi tipo di relazione e che condiziona ogni nostra scelta”
In condizioni di incertezza dobbiamo aumentare i livelli di fiducia e tessere relazioni positive con chi può darci una mano ad affrontare nuove sfide e raggiungere obiettivi di vita importanti.
Indecisi cronici
Un tempo le decisioni da prendere si contavano sulle dita di una mano . Oggi siamo pieni di bivi…
Sapete quante decisioni prende in media un adulto in un giorno? 35.000. E sapete quanto tempo si impiega a prendere una decisione (apparentemente) semplice come quale divano scegliere? 24 ore: 3 giorni di lavoro…
L’indecisione è amplificata dal fatto che, nelle società nelle quali predomina l’apparenza, non possiamo essere imperfetti ma solo donne e uomini infallibili, rapidi e determinati.
Poiché questa perfezione è irraggiungibile, la strategia migliore per non essere criticabili sembrerebbe essere da un lato quella di attribuire tutte le colpe all’esterno e dall’altro di non sbagliare.
L’unico modo per non sbagliare, , apparentemente, è non fare nulla ossia non decidere. Restare fermi, procrastinare, è tuttavia una decisione che porta con sé delle conseguenze economiche, personali, familiari.
La riscoperta del perché
Grandi dimissioni, diritto alla disconnessione, disimpegno silenzioso… sono tutti termini che indicano un insieme di tendenze in atto che stanno trasformando profondamente il lavoro e che ci raccontano l’emergere di un mondo diverso da quello a cui eravamo abituati… Cosa sta accadendo?
La pandemia ha accelerato un processo già in corso, portando molti di noi a rivalutare le priorità, a dare un nuovo valore al nostro tempo, non solo in ambito professionale. Abbiamo cominciato a chiederci se il lavoro fosse davvero il centro di gravità della vita, se stessimo dedicando il nostro tempo alle attività e alle persone a cui veramente teniamo e a domandarci… Dove stiamo andando? Cosa stiamo costruendo per noi e per le persone a cui vogliamo bene?
Abbiamo in pratica cominciato a interrogarci sul “perché” e a metter in secondo piano il “cosa” e il “come”…
“Dove stiamo andando? Cosa stiamo costruendo per noi e per le persone a cui vogliamo bene?”
Si investe per poter acquistare la casa dei propri sogni, per mandare i figli all’università, per godersi la propria pensione viaggiando… I soldi sono un mezzo e non un fine. Il fine è il nostro star bene e lo stiamo comprendendo, a fondo
Conclusione
Sta a noi scegliere come equilibrare oggettività e soggettività e interagire con il nostro futuro, a favore di un benessere personale e familiare. Abbiamo sostanzialmente due strade: ci possiamo adattare a quel che succede, lasciar andare le cose per inerzia o al contrario possiamo intervenire attivamente per modificarlo, perché il futuro si costruisce nel presente.