Venerdì 10 luglio è stata presentata la nuova e tanto attesa rassegna dei Concerti del Lingotto, articolata in sei appuntamenti che si svolgeranno presso l’Auditorium «Giovanni Agnelli»di Torino.
La stagione avrà inizio il 13 ottobre 2021 per concludersi il 27 aprile 2022.
Sono ormai quattordici anni che Banca del Piemonte è accanto all’Associazione Lingotto Musica e sostiene con fierezza le sue attività.
Il Presidente Giuseppe Proto e il direttore artistico Francesca Gentile Camerana, con questa inaugurazione hanno dato un segnale di ottimismo, fiducia e di buono auspicio per un ritorno alla normalità e noi di Banca del Piemonte non possiamo che essere d’accordo grati per il loro lavoro.
A giugno, in Piemonte, sono state vendute poco più di 10.800 auto nuove, che hanno portato a oltre 66.500 il totale dall’inizio dell’anno. Naturalmente, il mercato è aumentato rispetto al 2020, fortemente penalizzato dalla pandemia; ma mostra di essere ancora lontano dai volumi registrati in precedenza. Comunque, l’incidenza della regione è ormai scesa intorno al 7% delle immatricolazioni nazionali, mentre è stato ben superiore negli anni d’oro di Fiat e Lancia, le marche di casa, quando, fra l’altro, tanti dipendenti ne diventavano anche rivenditori, comprando le vetture con lo sconto e poi, dopo qualche mese, le commercializzavano.
Ora, la marca Fiat ha il 18,8% del mercato piemontese (2.037 i suoi acquirenti in giugno) e la Lancia il 4,6% (502 esemplari venduti). Quote comunque superiori alle rispettive medie nazionali che, nello stesso mese, sono risultate del 14,8% e del 2,9%. Prova della permanenza di un certo attaccamento dei subalpini alle “loro” Case storiche, nonostante, fra l’altro, un’offerta globale inimmaginabile, ancora fino a qualche decennio fa, per quantità e qualità.
Però, se la grande concorrenza non ha impedito finora alla Fiat di essere la marca più venduta in Piemonte (Lancia è settima) va rilevato che il secondo posto è stato conquistato dalla Jeep (869 esemplari comprati in giugno) e il terzo dalla Volkswagen (685). E può sorprendere, almeno in parte, in quarta posizione per numero di vendite si trovi Toyota-Lexus (578), che, fra l’altro, precede anche Peugeot (505).
Il riferimento alla marca francese evoca inevitabilmente Stellantis, la nuova società nata dalla fusione del gruppo Fca (Fiat-Chrysler) con quello di Psa (Peugeot). E Stellantis può vantare la quota del 44,5% del mercato automobilistico piemontese, a fronte della media nazionale del 37,8%. In Piemonte, infatti, al risultato regionale hanno dato il loro contributo anche Citroen-Ds, ottava Casa con più vendite in regione (481), Opel (314), Alfa Romeo (59) e Maserati (4).
Al sesto posto per numero di immatricolazioni locali in giugno si è piazzata Renault con 522, al nono Suzuki (ha la sede italiana a Torino) con 436 e al decimo Hyundai con 408, alla pari con Dacia. Entrambe hanno preceduto anche Ford (406).
Per quanto riguarda specificatamente le tre tedesche alto di gamma, dai dati emerge che a vincere la sfida in Piemonte a giugno è stata Audi con 319 nuove immatricolazioni, 11 più della Bmw e 114 più della Mercedes.
A livello nazionale, le singole marche più vendute nei primi sei mesi di quest’anno sono Fiat (quota del 15,7%), Volkswagen (8,6%), Peugeot (6,4%), Ford (5,9%), Toyota (5,7%), Citroen (5,1%), Renault (4,8%), Opel (4,2%), Jeep (4,2%) e Audi (4,1%), che chiude la top ten. La quota di Bmw è del 3,5% e del 3,3% quella di Mercedes.
Ancora una constatazione relativa all’intero mercato italiano del primo semestre: Stellantis può vantare la leadership delle preferenze dei clienti in cinque delle otto categorie per alimentazione: ha i primi tre posti per le auto a benzina più vendute (Citroen C3, Opel Corsa e Fiat Panda), come per i diesel (Fiat 500X, Jeep Renegade e Peugeot 3008) e per le ibride-elettriche (Fiat Panda, Lancia Ypsilon e Fiat 500), il primo e il terzo posto per le ibride elettriche plug-in (Jeep Compass e Jeep Renegade), oltre che il primato per le elettriche pure, con la Fiat 500 (5.107 gli esemplari venduti dall’inizio di gennaio alla fine di giugno).
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In data 23 giugno è stato pubblicato, per le Economie Regionali, il Rapporto annuale sul 2020 del Piemonte.
Insieme a Camillo Venesio, nostro Amministratore Delegato e Direttore Generale, hanno partecipato alla presentazione pubblica de “L’Economia del Piemonte” Dario Gallina Presidente della Camera di commercio di Torino, Vladimiro Rambaldi Presidente del Comitato Torino Finanza, Giorgio Marsiaj Presidente Unione Industriale Torino.
Tanti gli aspetti emersi dalla relazione della Banca d’Italia, in particolare gli esperti si sono concentrati sugli effetti della pandemia sull’economia piemontese:
il PIL è sceso nel 2020 di poco più del 9%, in misura appena superiore alla media italiana;
l’industria è stata fortemente colpita dagli interventi di sospensione delle attività non essenziali di marzo e aprile 2020 e dal calo della domanda seguito allo scoppio dell’epidemia;
nel terziario i risultati sono stati eterogenei tra i comparti (ristorazione, turismo e servizi alla persona e il commercio non alimentare sono stati particolarmente colpiti dalle misure restrittive susseguitesi);
la partecipazione al mercato del lavoro si è ridotta, è aumentata la quota dei giovani che non studiano e non lavorano;
si è intensificato il ricorso allo smart working;
i redditi delle famiglie sono calati in misura più intensa della media italiana;
la rilevanza dello sviluppo digitale come fattore per sostenere l’innovazione e la competitività del sistema produttivo e per promuovere le competenze e l’inclusione sociale.
“L’unico rimedio alla disuguaglianza è la crescita” queste le parole di Camillo Venesio, come sempre ottimista e fiducioso nella ripresa del nostro Paese.
Nel 2020,la spesa media mensile delle famiglie residenti in Italia è stata di 2.328 euro mensili, inferiore del 9% rispetto al 2019 in valori correnti. Lo stima l’Istat sottolineando che è la contrazione più accentuata dal 1997 (anno di inizio della serie storica) e che riporta al livello del 2000. Fra l’altro, poiché la distribuzione dei consumi è asimmetrica e più concentrata nei livelli medio-bassi, la maggioranza delle famiglie ha speso un importo inferiore al valore medio, cioè 1.962 euro.
L’Istat precisa inoltre che nella spesa, quella per l’abitazione, è compreso l’importo degli affitti figurativi, cioè quanto la famiglia dovrebbe sostenere per prendere in affitto un’abitazione con caratteristiche identiche a quella in cui vive e di cui è proprietaria, usufruttuaria o che ha in uso gratuito. Al netto di tale posta, nel 2020 la spesa media familiare in termini correnti è stata di 1.741 euro, il 12,2% in meno rispetto al 2019.
La flessione dei consumi riguarda in misura diversificata i capitoli di spesa: alcuni non hanno mostrato variazioni, altri hanno registrato diminuzioni molto marcate, risentendo tutti sia delle restrizioni imposte per contrastare la pandemia sia del diverso grado della comprimibilità delle spese stesse. Nello specifico, rispetto al 2019, sono rimaste sostanzialmente invariate la spesa per alimentari e bevande analcoliche (468 euro al mese) e quella per abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria (893 euro mensili, di cui 587 euro di affitti figurativi).
La spesa per tutti gli altri capitoli, che nel 2020 vale complessivamente 967 euro al mese, scende invece del 19,3% rispetto ai 1.200 euro del 2019. Le diminuzioni più drastiche riguardano i capitoli di spesa sui quali le misure di contenimento hanno agito maggiormente e in maniera diretta, cioè servizi ricettivi e di ristorazione (-38,9%, 79 euro mensili in media nel 2020) e ricreazione, spettacoli e cultura (-26,4%, 93 euro mensili), seguiti da capitoli fortemente penalizzati dalla limitazione alla circolazione e alla socialità, come Trasporti (-24,6%, 217 euro mensili nel 2020) e abbigliamento e calzature (-23,3%, 88 euro mensili).
Conseguentemente, varia anche la composizione interna della spesa corrente: passa dal 35% al 38,4% la quota di spesa per Abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili, che resta la più rilevante, insieme a quella per Alimentari e bevande analcoliche (dal 18,1% al 20,1%), al cui aumento contribuiscono principalmente carni (da 3,8% a 4,4%) e latte, formaggi e uova (da 2,3% a 2,7%). Si riducono, invece, di due punti percentuali (dall’81,9% al 79,9%) le quote destinate a beni e servizi non alimentari, in particolare quelle relative a Trasporti (da 11,3% a 9,3%), Servizi ricettivi e di ristorazione (da 5,1% a 3,4%), Ricreazione, spettacoli e cultura (da 5,0% a 4,0%), Abbigliamento e calzature (da 4,5% a 3,8%).
Tra le altre categorie merceologiche, quella degli Altri beni e servizi (che rappresenta il 7,2% della spesa totale, 167 euro mensili) scende del 12,1% rispetto al 2019, mentre la spesa per Comunicazioni (2,3% della spesa totale; 54 euro mensili) diminuisce dell’8,7%, un trend ormai di lungo periodo. A seguire, il capitolo Servizi sanitari e spese per la salute (4,6% della spesa complessiva, 108 euro al mese), è in calo dell’8,6% sul 2019; quello relativo a mobili, articoli e servizi per la casa (4,5%, 104 euro mensili) scende del 5,7% rispetto all’anno precedente. Infine, in calo anche i due capitoli il cui peso sulla spesa complessiva si ferma sotto il 2%: Bevande alcoliche e tabacchi (43 euro mensili) -7,7% sul 2019 e Istruzione (14 euro al mese) -13,9%.
Nel quadro di stabilità della spesa delle famiglie per Alimentari e bevande analcoliche, aumenta in misura ampia quella per latte, formaggi e uova (62 euro al mese; +5,1% rispetto al 2019) e per carni (102 euro mensili; +3,4% rispetto all’anno precedente). In forte riduzione invece le spese per oli e grassi (15 euro mensili; -7% rispetto al 2019), per zucchero, confetture, miele, cioccolato e dolciumi (18 euro al mese; -6,4% sul 2019) e per caffè, tè e cacao (14 euro mensili; -5,1% rispetto all’anno precedente), voci che pesano comunque meno dell’1% sulla spesa totale.
Le stime preliminari del primo trimestre 2021 mostrano che le misure di contenimento alla diffusione del Covid-19 hanno prodotto un ulteriore calo di circa il 3,4% della spesa media mensile rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; in particolare, la riduzione dell’offerta e della domanda commerciale al dettaglio ha determinato una flessione del 7,5% delle spese diverse da quelle per prodotti alimentari e per l’abitazione rispetto al primo trimestre 2020.
Anche nel 2020, le regioni con la spesa media mensile più elevata sono Trentino-Alto Adige (2.742 euro) e Lombardia (2.674 euro) mentre Puglia e Basilicata hanno la spesa più contenuta, rispettivamente 1.798 e 1.736 euro mensili.
I livelli e la composizione della spesa variano a seconda anche della tipologia del comune di residenza. Infatti, nei comuni centro di area metropolitana le famiglie spendono di più: 2.616 euro mensili contro i 2.378 euro nei comuni periferici delle aree metropolitane e in quelli con almeno 50mila abitanti e i 2.207 euro nei comuni fino a 50mila abitanti che non appartengono alla cerchia periferica delle aree metropolitane. Tuttavia, la maggior contrazione della spesa per consumi (-10,1%) si registra proprio nei comuni centro di area metropolitana.
Nel 2020, la voce di spesa che le famiglie hanno maggiormente limitato è quella per viaggi e vacanze. La percentuale di chi l’ha ridotta rispetto all’anno precedente è del 46,8%. L’altra voce di spesa che, nel 2020, le famiglie hanno contenuto di più rispetto all’anno precedente è quella per abbigliamento e calzature: il 45,5% ha limitato l’esborso. All’opposto, la voce di spesa che le famiglie hanno limitato in misura minore è quella per visite mediche e accertamenti periodici (15,7%).
In Italia, il 18,3% delle famiglie paga un affitto per l’abitazione in cui vive. La spesa media per le famiglie che pagano un affitto è di 414 euro mensili a livello nazionale, stabile rispetto al 2019. La quota più elevata di famiglie in affitto si registra nei comuni centro di area metropolitana (27,8%), dove si paga mediamente un affitto pari a 496 euro mensili.
Paga un mutuo il 19,5% delle famiglie che vivono in abitazioni di proprietà (circa 3,7 milioni). Dal punto di vista economico e contabile, questa voce di bilancio è un investimento, e non rientra quindi nel computo della spesa per consumi; ciononostante, per le famiglie che la sostengono rappresenta un esborso consistente e pari, in media, a 545 euro mensili.
Oggi siamo lieti di comunicare che, il 19 giugno, abbiamo organizzato un OPEN DAY VACCINALE presso l’HUB VACCINALE API TORINO, a cui possono partecipare tutti i dipendenti Banca del Piemonte, i nostri giovani stagisti, e naturalmente anche i familiari conviventi che non hanno ancora avuto l’opportunità di effettuare il vaccino.
Nulla è più importante della salute e questa opportunità, fortemente voluta dalla nostra Banca, è un’occasione che ci permette di lavorare con maggiore serenità, a tutela nostra, delle nostre famiglie e dei nostri Clienti.