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Ed è ancora musica!

Ed è ancora musica!

Da oltre 16 anni Banca del Piemonte è accanto al Lingotto Musica e alle sue attività che quest’anno festeggiano i primi 30 anni.

Quello che ci aspetta per la prossima stagione è un palinsesto di appuntamenti sinfonici, corali e cameristici costellato da artisti e formazioni di assoluta eccellenza che riportano l’istituzione torinese ai vertici della scena italiana e internazionale dopo gli anni difficili della pandemia.

La nuova stagione, presentata presso la Sala Berlino del Centro Congressi Lingotto, vedrà artisti nazionali e internazionali impegnati in 13 concerti dal 9 ottobre 2023 al 30 maggio 2024, suddivisi nei consueti cicli dei Concerti del Lingotto all’Auditorium Agnelli e di Lingotto Giovani in Sala 500, cui si aggiungeranno i 4 appuntamenti della rassegna Lingotto in Reggia, ospitata nella Sala di Diana e nella Chiesa di Sant’Uberto della Venaria Reale sotto le festività natalizie.

“La stagione che vi presentiamo si riconnette idealmente ai due valori fondativi che da trent’anni animano la nostra attività: la qualità e l’internazionalità della proposta artistica – afferma il Direttore Luca Mortarotti – Una lunga tradizione che adatteremo alle sfide della modernità grazie a un lavoro di convergenza e sinergia con autorevoli Enti e Istituzioni del territorio.”

A questo programma ricco di musica di altissima qualità, si aggiunge un tassello importante: la solidarietà.  Il Maestro Riccardo Muti e la Chicago Symphony Orchestra sul palco dell’Auditorium Giovanni Agnelli del Lingotto per un progetto straordinario e di grande prestigio che unisce per la prima volta Fondazione per la Cultura Torino, Lingotto Musica e Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro. L’evento contribuirà a finanziare le attività dell’Istituto di Candiolo – IRCCS, una delle eccellenze italiane e punto di riferimento internazionale nel campo della ricerca oncologica

Come Banca del territorio non possiamo che essere fieri di far parte di questa sinergia che contribuisce a portare la musica, la cultura, e non solo, della nostra città ai massimi livelli.

Leggi il comunicato stampa

Scarica il programma 2023-2024

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Piemontesi meno geniali?

Piemontesi meno geniali?

Piemontesi meno geniali? Ma no; la loro creatività ha solo rallentato un po’. Se è vero, infatti, che l’anno scorso, è diminuito rispetto al 2021 il numero dei brevetti piemontesi pubblicati dall’Epo (European patent office); è altrettanto vero che la regione subalpina resta al quarto posto in Italia per numero di domande di brevetto pubblicate dall’Epo e, in particolare, la provincia di Torino è risultata seconda, a pari merito con quella di Bologna.

Nel 2022, le domande italiane di brevetto pubblicate dall’Epo sono state 4.773, un record e il 5% in più rispetto all’anno precedente. Il Piemonte, però, è risultato in controtendenza, con 25 domande in meno.

Come emerge dall’analisi di Unioncamere e Dintec, dal 2016 l’aumento delle domande italiane di brevetto europeo è risultato pressoché continuo, con una variazione del 33% tra il 2015 e il 2022, quando il nostro Paese ha raggiunto il miglior risultato del decennio, mantenendo così la quinta posizione per capacità inventiva nell’Epo tra i Paesi Ue e l’undicesima nel mondo.

Tra il 2021 e il 2022 la crescita delle domande italiane pubblicate dall’Epo è stata trainata dalle attività di ricerca, sviluppo e innovazione nel Nord–Est e nel Mezzogiorno (rispettivamente, +6% e +29%). Nella prima macro-area le regioni più dinamiche sono risultate il Friuli-Venezia Giulia (+21%) e il Trentino-Alto Adige (+12%); nella seconda l’Abruzzo (+93%), la Campania (+46%) e la Puglia (+14%). Nelle altre grandi circoscrizioni del Paese, le variazioni più significative nel numero delle domande si sono registrate in Liguria (+28%) e in Umbria (+57%).

A sorpresa, la provincia che l’anno scorso ha messo a segno una crescita straordinaria è quella di Chieti, che ha registrato 63 domande pubblicate dall’Epo (47 in più rispetto alle 16 del 2021). Un risultato che stacca anche quello eccellente di Bologna (+38), Milano (+25), di Bolzano e Pordenone (+22).

Nel lungo periodo che va dal 2008 al 2022 le domande di brevetto europeo dell’Italia sono state 61.253 in tutto; di queste 10.131, quasi il 17%, hanno origine nella provincia di Milano.

Con 726 domande nel 2022, Milano si conferma la regina del Paese per il numero delle nuove invenzioni brevettate in Europa. Seguono le province di Torino e Bologna, entrambe con 314 domande di brevetto l’anno scorso (9,6% del totale nazionale); quindi Roma (252), Treviso (198), Vicenza (174) e Monza Brianza (172). Nel loro insieme, con 2.595 domande, le prime dieci concentrano il 54% delle domande complessive.

L’anno scorso, l’88% delle domande pubblicate (4.188) è arrivato dalle imprese, il 5% dagli enti di ricerca e dalle Università e il restante 7% dagli inventori privati.

Ed è proprio lo sviluppo delle capacità innovative delle imprese a fare la differenza: i brevetti provenienti dal settore produttivo sono cresciuti del 7% rispetto al 2021, segno di una forte accelerazione sul fronte dell’innovazione radicale dei prodotti.

Le tecnologie della meccanica e dei mezzi di trasporto continuano a fare la parte da leone del Made in Italy: le domande di brevetto europeo in questi settori tecnologici sono 1.910 nel 2022, il 40% del totale e crescono considerevolmente (+124 rispetto al 2021, con un aumento del 7%).

Rispetto all’anno precedente, aumentano anche le domande di brevetto sulle nuove tecnologie di strumentazione e controllo (+76, con una crescita del 12%) e quelle relative all’elettricità e all’elettronica (+68, con una crescita del 14%).

Guardando alle domande italiane nell’ambito delle Key enabling technologies (Ket), che, per la loro applicazione a un gran numero di attività produttive sono fondamentali per la competitività delle imprese, con un totale di 985 pubblicazioni dell’Epo, hanno raggiunto il 21% del totale, con un aumento dell’8% rispetto al 2021.

Con 752 domande, quelle della manifattura avanzata rappresentano oltre il 76% delle Ket, tanto che “spiegano” tutto il loro aumento in valore assoluto rispetto al 2021 (+11%).

Le domanda italiane di brevetti con tecnologie green sono aumentate invece del 23% rispetto al 2021: il 29% di queste domande fa riferimento a quelle per la gestione e il trattamento dei rifiuti, cresciute del 22%. Le altre tecnologie verdi che hanno manifestato una dinamica notevole sono quelle per le energie alternative (+72%) e quelle relative al design dei prodotti (+66%).

 

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Casa, la più amata dagli italiani

Casa, la più amata dagli italiani

Quasi i tre quarti degli italiani (73,7%) pensano che il miglior investimento per i propri figli sia comprare loro una casa. Al secondo posto, opzione scelta solo dal 12% degli intervistati, figura l’ingresso in fondi di investimento; mentre a chiudere il podio troviamo, al 7,2%, la polizza vita.

È quanto emerge dall’ultimo sondaggio di Immobiliare.it, il portale immobiliare leader in Italia, che ha coinvolto un campione di quasi 2.000 utenti per indagare le preferenze relative alle scelte di investimento, già effettuate o in programma, indirizzate alle nuove generazioni.

In generale, escludendo il mattone, i prodotti finanziari sfiorano il 20% delle scelte, mentre l’investimento in un’attività di business arriva al 5,4% e quello in beni rifugio all’1,8%.

“Il mattone si conferma la forma di investimento preferita dagli italiani” ha riportato Carlo Giordano, consigliere di amministrazione di Immobiliare.it, sottolineando che l’acquisto della casa, nel nostro Paese, assume anche un ruolo di previdenza complementare: il mutuo diventa così una sorta di piano di accumulo, che consente a chi raggiunge la terza età di non dover più sostenere il costo dell’abitare e, se l’immobile è stato scelto con lungimiranza, di ottenerne anche una rivalutazione”.

Tra i tanti che hanno indicato come preferita l’opzione relativa all’acquisto di un immobile, più della metà (59,3%) vorrebbe acquistare una seconda casa destinata esclusivamente ai figli, mentre oltre un quarto (26,3%) intende rilevare l’attuale abitazione “di famiglia”, in modo da poterne trasferire la proprietà in futuro. Meno del 14%, invece, andrebbe a veicolare le proprie risorse verso l’acquisto di una casa per le vacanze.

Chi sceglie la seconda casa ha come motivazioni principali la durabilità del bene (35,6%) e l’impossibilità da parte delle nuove generazioni di provvedere in autonomia ad acquistarne una (27,4%), mentre chi predilige rilevare la casa di famiglia o comprare una casa per le vacanze mette al primo posto tra le ragioni più determinanti (oltre il 50%) la possibilità da parte dei figli di rivendere l’immobile in futuro, monetizzando così l’investimento.

Guardando più nel dettaglio all’area geografica di preferenza per chi desidera acquistare una seconda casa, più del 64% del campione la vorrebbe in una grande città, che può essere la stessa in cui il nucleo famigliare ha già la residenza o una metropoli terza, dove è altamente probabile che i figli si trasferiscano a studiare o lavorare.

Un terzo del gruppo, invece, preferisce concentrarsi sulla città di piccole/medie dimensioni in cui vive oggi, mentre meno del 3% dei rispondenti intende cercare all’estero un mercato immobiliare più dinamico di quello italiano.

Tra chi preferisce acquistare una casa per le vacanze, il 70,6% predilige un immobile in una località di villeggiatura vicino all’attuale domicilio, mentre solo il 23,5% darebbe più importanza all’attrattività della zona turistica in Italia rispetto all’indirizzo di residenza attuale. Meno del 6% del gruppo vorrebbe invece comprare una casa per la villeggiatura all’estero.

È stato inoltre chiesto agli intervistati che non hanno inserito la casa come investimento preferito per i figli le motivazioni di questa intenzione.

Il 60% del campione si divide equamente tra la mancanza di convenienza legata a oneri e tassi di finanziamento eccessivi e la mancanza di certezze rispetto a dove i figli metteranno radici, rischiando di lasciare inutilizzata la casa acquistata.

Circa il 18% reputa invece che esistano altri investimenti più redditizi, mentre una percentuale simile giustifica la scelta con l’impossibilità di acquistare una casa. C’è anche una percentuale più piccola, vicina al 5%, che teme che l’immobile acquistato sia destinato a “non rimanere in famiglia”.

 

 

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In condominio tre italiani su quattro

In condominio tre italiani su quattro

Secondo le relative dichiarazioni fiscali, nel nostro Paese sono 1,2 milioni i condomini, cioè gli edifici composti da più unità immobiliari e soggetti giuridici che hanno un codice fiscale univoco. Ma a detta dell’Anaci, l’associazione nazionale degli amministratori condominiali, in realtà i condomini sarebbero ben di più e, infatti, si stima che a vivere in condominio siano 14 milioni di famiglie per un totale di 45 milioni di italiani, tre su quattro.

Comunque, gli edifici aventi conformazione di condominio si trovano soprattutto nelle grandi città, che contano almeno 27 milioni di unità immobiliari in condominio. Inoltre, sono assoggettate a regole condominiali anche alcune abitazioni in corti, tipiche del nord Italia.

Il condominio tipo, nel nostro Paese, è formato da trenta unità immobiliari. E la sua situazione – osservando lo stato di mantenimento e di efficienza energetica – è particolarmente preoccupante, dato che l’82% del totale dei condomini è stato costruito prima della Legge 10/1991, intervenuta appunto in tema di efficienza energetica.

La Lombardia guida la classifica regionale sia per quanto riguarda gli edifici che il numero di abitazioni in condominio, rispettivamente con il 17% e 18,3% del totale. Seguono Lazio, Emilia- Romagna, Campania, Piemonte e Veneto.

Complessivamente, in Italia gli amministratori di condominio è stato stimato che siano 325 mila, dei quali solo 25 mila professionisti (gli altri sono condomini, doppio-lavoristi, tecnici, pensionati e proprietari di unità condominiali). Tra tutti, gestiscono il 60% del parco condomini nazionale, fra l’altro con il dovere di salvaguardia della sicurezza, sia preventiva che successiva a eventi indesiderati.

Come sottolineano gli amministratori, un’adeguata assicurazione per il condominio è fondamentale, ma non basta: è necessario formare e informare i condomini sui rischi e i doveri correlati alla vita condominiale, che impone, innanzi tutto, il buon comportamento di chi abita o frequenta saltuariamente il condominio, bene comune il cui costo grava su tutti i proprietari.

Per gli amministratori, comunque, la loro vita professionale non è facile. Lo dimostra anche il fatto che in Italia una causa civile su cinque riguarda liti condominiali (questa quota si è leggermente ridotta negli ultimi anni grazie all’istituto della mediazione, che consente di evitare il passaggio nel Tribunale).

Le liti tra condomini contribuiscono ancora oggi a ingolfare le aule di Giustizia. E per questioni quasi sempre di non grande rilevanza: si va dall’occupazione indebita degli spazi comuni ai rumori molesti, dai cani che abbaiano troppo ai gatti che sporcano, dall’innaffiatoio che fa cadere l’acqua nel balcone del piano di sotto, ai fumi e i cattivi odori della cucina e, infine, al grande classico, le infiltrazioni di acqua.

In un quadro di questo tipo è fondamentale che chi coordina, organizza, governa e tutela la corretta convivenza condominiale, ovvero l’amministratore di condominio, sia preparato e promotore degli interventi necessari per aumentare il grado di efficienza e sostenibilità dei condomini gestiti.

In seguito all’avanzamento delle moderne tecnologie, della cultura e le mutate istanze sociali, si è resa necessaria una corposa riforma del condominio, innovando le regole che risalivano addirittura al 1942, quando i condomini in Italia erano rarissimi. Nel 2012, la Commissione Giustizia del Senato della Repubblica ha approvato il testo definitivo della riforma del Condominio (legge del 20 novembre 2012).

Da allora, sulle scarne indicazioni del codice civile, si è formata una giurisprudenza sterminata. Per cui, oltre alla parte per così dire teorica che si trova nella specifica legge, come le regole di funzionamento del condominio e dell’assemblea, i compiti dell’amministratore e l’utilizzo delle parti comuni, la parte più cospicua delle norme è dedicata all’esame di casi pratici, come la gestione delle morosità (tema purtroppo di attualità) o le possibilità di un singolo di adoperare spazi comuni per il proprio vantaggio, dando risposte certe anche nei casi più controversi.

Inoltre, un ampio spazio viene riconosciuto al ruolo del notaio nella compravendita di immobili siti in condominio con particolare riguardo all’attribuzione delle spese straordinarie per lavori già deliberati ma non ancora avviati al momento del rogito.
Tuttavia, la rivoluzione normativa che ha riguardato il condominio rappresenta esclusivamente una linea guida: per perseguire una convivenza pacifica e costruttiva all’interno delle mura condominiali è fondamentale la partecipazione attiva e il desiderio del bene comune delle persone che abitano il condominio.

 

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