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Più carte, meno contante

Più carte, meno contante

L’anno scorso, in Italia, il numero di pagamenti effettuati con strumenti diversi dal contante è cresciuto del 16% e l’incremento sale al 21% se si considerano le transazioni fatte con le sole carte di debito, di credito e prepagate.

É quanto emerge dalla 21.a edizione dell’Osservatorio Carte di Credito e Digital Payments, curato da Assofin, Ipsos e Nomisma con il contributo di Crif.
Nel 2022, le carte di credito attive in Italia sono risultate 13,4 milioni e il valore delle transazioni effettuate con questo strumento ha superato i 101 miliardi di euro, evidenziando un tasso di crescita del 20%. La media transata si è attestata intorno ai 66 euro.

Quanto alle carte di debito, l’anno scorso si è rilevata una loro crescita esponenziale delle carte, come già nel 2021. E rispetto al 2021 è ragguardevole anche l’aumento del 25,1% del numero di operazioni effettuate con le carte di debito.

Un trend positivo che trova conferma anche dall’analisi degli importi complessivi delle transazioni che, nel 2022, hanno sfiorato i 225 miliardi di euro, a testimonianza del fatto che l’utilizzo di queste carte è entrato nelle abitudini quotidiane degli italiani.

È aumentato anche il numero delle carte prepagate in circolazione in Italia, sia pure in modo contenuto, però è cresciuto di più il loro utilizzo. A trainare questo aumento è lo sviluppo dell’e-commerce, che ha fatto salire del 18,7% il numero delle operazioni.

L’Osservatorio ha inoltre rilevato che, in un contesto di razionalizzazione del numero di carte di credito attive a sistema, quelle opzioni/rateali hanno raggiunto una quota di circa il 60%, anche se sono prevalentemente utilizzate in modalità a saldo (84% dei flussi, contro il 16% che fa riferimento a utilizzi rateizzati).
Nel 2022 i flussi complessivi movimentati dalle carte di credito opzione/rateali, a prescindere quindi dal tipo di rimborso, hanno segnato un incremento del 16,1%.
L’analisi della rischiosità del comparto delle carte di credito mostra una sostanziale stabilità del tasso di sofferenza delle carte a saldo, ma si osserva una riduzione per quelle rateali.

Come evidenzia l’Osservatorio, l’attuale momento di incertezza economica suggerisce di porre un’adeguata attenzione al rischio di credito. La situazione congiunturale non favorevole, infatti, acuisce le difficoltà incontrate da imprese e famiglie e genera tensioni sui principali indicatori di rischio che, al momento, permangono su posizioni contenute principalmente grazie all’attivazione di misure di sostegno al reddito.

I dati dell’Osservatorio mostrano, inoltre, un trend decrescente relativamente alla diffusione delle carte a fronte di un incremento della frequenza dei pagamenti digitali rispetto al 2022, che ha riguardato sia la carta di credito sia quella di debito.

“L’analisi del consumatore – ha osservato Luca Dondi (Nomisma) mette in luce che il timore per l’inflazione si sta progressivamente stemperando anche in Italia. I mesi trascorsi hanno evidenziato, però, un nuovo atteggiamento di parsimonia degli italiani, opposto all’austerità che si è sempre registrata nei periodi di crisi precedenti. Le famiglie si stanno adattando, cercando maggiormente un ribilanciamento tra quantità e qualità”.

Un’ulteriore risposta che sta registrando l’interesse dei consumatori è rappresentata dall’Open Banking/Finance, che consente di offrire al consumatore numerosi strumenti destinati a favorire un maggiore controllo delle proprie spese e la consapevolezza della propria situazione finanziaria.

Tra le innovazioni più significative introdotte negli ultimi anni, l’Osservatorio dedica un focus al Buy Now Pay Later (Bnpl), sistema conosciuto da oltre la metà della popolazione italiana in età compresa tra i 18 e 64 anni e da 2/3 della Generazione Z.
In Italia, sebbene il metodo di pagamento online più diffuso sia ancora la carta, il Bnpl registra un tasso di crescita annuo a doppia cifra e, secondo recenti ricerche, dovrebbe raggiungere oltre tre miliardi di euro entro il 2026. (a livello globale, il Bnpl ha rappresentato nel 2022 il 5% dei pagamenti).
Nonostante la veloce ascesa, però, il Buy Now Pay Later, più che come servizio stand alone, in particolare se si pensa alla sostenibilità del business, in un contesto europeo caratterizzato da tassi di interesse elevati, può essere immaginato come servizio complementare, da offrire in una logica di portafoglio più ampia.

 

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“La gestione del patrimonio è frutto di ponderate scelte”

“La gestione del patrimonio è frutto di ponderate scelte”

Si parla del nostro evento organizzato nella sala Michele Ferrero di Confindustria Cuneo sulle pagine della rivista Idea.
Nel corso dell’incontro, davanti ad un folto numero di partecipanti, si è dialogato sulle nuove priorità nella gestione della ricchezza, tra longevità, inflazione e pianificazione successoria.

Una tavola rotonda, moderata da Luca Davi, Giornalista il Sole 24 Ore – Redazione Finanza & Mercati, a cui hanno presenziato, insieme al nostro Amministratore Delegato e Direttore Generale, Camillo Venesio, Francesco Minelli, Senior Business Advisor Strategy & Innovation Management PWC, Roberto Rollino, Responsabile Banche e Partnership – Italiana Assicurazioni (Gruppo Reale Mutua) Gianluca Quaranta, Vice-Responsabile Family Office – Banca del Piemonte, Monica Tardivo, PTG Notai Associati.

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Il Monferrato, le radici della nostra Banca

Il Monferrato, le radici della nostra Banca

Come banca del territorio non potevamo non essere al fianco del Consorzio Gran Monferrato Derthona Gavi, collettore di luoghi, tradizioni, cultura e esperienze, per promuovere le aziende, il turismo e tutto il territorio sul quale è nata la nostra Banca più di 110 anni fa.

Insieme sosteniamo una Terra di benessere senza confini, un turismo green e slow nei luoghi Patrimonio Mondiale dell’Unesco dove gustare sapori autentici e scoprire luoghi ricchi di storia, cultura e tradizioni.

Ci piace promuovere un progetto che suggella l’appartenenza al territorio, che tocca l’anima dei luoghi, l’essenza dei prodotti locali e che mette in luce le aziende, grandi e piccole, che contribuiscono alla prosperità di questa terra preziosa.

Scopri tutte le attività sul sito del Gran Monferrato

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Il futuro della popolazione italiana

Il futuro della popolazione italiana

In linea con le tendenze emerse negli ultimi otto anni, l’Italia vedrà scendere la sua popolazione dai 59 milioni del 1° gennaio 2022 ai 58,1 milioni nel 2030. Lo ha previsto l’Istat, aggiungendo che nel 2050 i residenti caleranno a 54,4 milioni e, nel lungo termine, le conseguenze della dinamica demografica si faranno ancora più importanti.

Tra il 2050 e il 2080, infatti, la popolazione diminuirebbe di ulteriori 8,5 milioni, precipitando così a 45,8 milioni ed evidenziando una perdita complessiva di 13,2 milioni di residenti rispetto a oggi.

L’Istat ha poi sottolineato che, nell’ipotesi più favorevole, la popolazione potrebbe subire una perdita di “soli” 6,2 milioni tra il 2022 e il 2080; ma, nel caso meno propizio, il calo sfiorerebbe i 20 milioni tra oggi e il 2080, 6,8 milioni dei quali già all’orizzonte del 2050.

Il progressivo spopolamento investe tutto il territorio nazionale, pur con differenze tra Nord, Centro e Mezzogiorno, che fanno sì che tale questione raggiunga una dimensione significativa soprattutto in quest’ultima ripartizione, dove il calo di residenti risulta irreversibile.

Guardando al lungo periodo, il Nord potrebbe ridursi di 2,7 milioni di abitanti entro il 2080 ma di appena 276mila se si guardasse al 2050. Ben diverso è il percorso evolutivo della popolazione nel Mezzogiorno, dove nel 2080 potrebbe ridursi di otto milioni, 3,6 milioni dei quali già entro il 2050.

Lo scenario mediano delle previsioni mostra che, nel passaggio che condurrà la popolazione dagli odierni 59 milioni di individui a circa 46 nel 2080, si intravedono 21,5 milioni di nascite, 44,9 milioni di decessi e 18,3 milioni di immigrazioni dall’estero contro 8,2 milioni di emigrazioni.  D’altra parte, l’Istat fa presente che nel 2022 le donne in età 15-49 anni ammontava a 11,7 milioni e che, in base allo scenario mediano, tale contingente risulta destinato a contrarsi in misura pressoché lineare: da 10,8 milioni nel 2030 a 9,2 milioni nel 2050, fino a 7,7 milioni nel 2080.

Analoghe perturbazioni strutturali interesseranno l’evoluzione della mortalità, che proseguirà a esprimere annualmente un numero sostenuto di decessi, fino a un picco di 845mila nel 2059 secondo lo scenario mediano, anche in un contesto di buone aspettative sull’evoluzione della speranza di vita (86,1 e 89,7 anni quella prevista alla nascita nel 2080, rispettivamente per uomini e donne, con un guadagno di 5,7 anni per i primi e di 5,2 anni per le seconde sul 2022).

Lo scenario mediano contempla, inoltre, movimenti migratori netti con l’estero ampiamente positivi. A una prospettiva particolarmente accentuata nei primi sette anni di previsione, con una media annuale superiore ai 200mila ingressi netti, segue una fase di prolungata stabilizzazione che si protrae per tutto il periodo previsivo a una media annuale di 165mila unità. Alla luce delle ipotesi analizzate, pertanto, i flussi migratori non controbilancerebbero il segno negativo della dinamica naturale.

La struttura della popolazione italiana è, da anni, oggetti di uno squilibrio sempre più profondo, dovuto alla combinazione dell’aumento della longevità e di una fecondità costantemente bassa. Stabilmente sul podio mondiale dell’invecchiamento, oggi il Paese presenta la seguente articolazione per età: il 12,7% degli individui ha fino a 14 anni di età; il 63,5% tra 15 e 64 anni; il 23,8% dai 65 anni di età in su.

L’età media, nel frattempo, si è portata a 46,2 anni e ciò fa del Paese, insieme a pochi altri esempi nel mondo (Spagna e Grecia in Europa; Corea del Sud e Giappone in Asia) uno dei casi all’attenzione internazionale per i demografi nonché per gli esperti di economia e sviluppo sostenibile.

Nel 2050 le persone di 65 anni e più potrebbero rappresentare il 34,5% della popolazione secondo lo scenario mediano, mentre i giovani fino a 14 anni risulterebbero l’11,2% del totale, portando il rapporto di oltre tre a uno.

Quanto alle famiglie, l’Istat prevede un aumento di oltre 850mila nel giro di vent’anni: da 25,3 milioni nel 2022 si arriverebbe a 26,2 milioni nel 2042 (+3,4%). Però, si tratta di famiglie sempre più piccole, perché il numero medio di componenti scenderà da 2,32 persone nel 2022 a 2,13.

L’aumento del numero di famiglie, infatti, deriverà prevalentemente da una crescita di quelle senza nuclei (+17%), destinate a salire da 9 a 10,6 milioni, arrivando a rappresentare nel 2042 oltre il 40% delle famiglie totali.

Al contrario, le famiglie con almeno un nucleo presentano una diminuzione di oltre il 4%: dai 16,3 milioni attuali (il 64,3% del totale), nel 2042 scenderanno a 15,6 milioni, costituendo così solo il 59,5% delle famiglie.

L’invecchiamento della popolazione, con l’aumento della speranza di vita, genera infatti un maggior numero di persone sole, il prolungato calo della natalità incrementa le persone senza figli, mentre l’aumento dell’instabilità coniugale, in seguito al maggior numero di scioglimenti di legami di coppia, determina un numero crescente di individui e genitori soli.

Questa tipologia familiare crescerà del 17%, facendo aumentare il suo contingente da 8,4 a 9,8 milioni nel giro di venti anni. Se già nel 2022 la quota di persone sole di 65 anni e più rappresenta circa la metà di chi vive da solo (48,9%), nel 2042 raggiungerebbe quasi il 60%.

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