Quando torniamo a casa, ci sentiamo protetti. Basta girare la chiave nella toppa, chiudersi la porta dietro le spalle, sentire il calore delle cose ed è come se il mondo non potesse più toccarci, tenderci agguati, metterci in pericolo. Questa sensazione di casa-rifugio ci fa considerare come scontata che la casa sia intoccabile, perenne, non soggetta a sua volta a rischi. Così, naturalmente, non è e dovremmo avere cura per ciò che ha cura di noi e che spesso comporta o ha comportato sacrifici economici.
La casa e gli italiani: obiettivo “1”
In Italia ci sono 35,6 milioni di abitazioni ad uso residenziale (Agenzia delle Entrate – STATISTICHE CATASTALI 2023). 33 milioni, pari al 93% dello stock abitativo, è di proprietà di persone fisiche. Nel 2021, 18,2 milioni di famiglie (70,8% del totale) sono proprietarie dell’abitazione in cui vivono, mentre 5,2 milioni (20,5%) vivono in affitto e 2,2 milioni (8,7%) dispongono dell’abitazione in usufrutto o a titolo gratuito (Istat, Gruppo di lavoro sulle politiche per la casa e l’emergenza abitativa 2022). La casa “media” italiana è grande 118 metri quadrati e ha 5,5 stanze. In Piemonte, il prezzo medio di una casa al mq è di 1.394, mentre l’affitto mensile al metro quadro è di 9,69 €. 4, 8 milioni di persone vivono in affitto, 3,8 milioni pagano un mutuo (Istat, LE SPESE PER I CONSUMI DELLE FAMIGLIE | ANNO 2023). Il mutuo medio nel 2024 è stato pari a 139.900 euro (Osservatorio di MutuiOnline.it).
Sono numeri imponenti, che ci raccontano della casa come uno degli obiettivi di vita più importanti delle famiglie, che mette in moto risorse economiche, psicologiche, affettive.
Tre fasi: crearla, gestirla, possederla
La casa è inserita nella classificazione degli immobili. In realtà, all’interno del corso di vita è un progetto mobile, che implica diverse scelte: decidere se stare in affitto o se comprarla, gestirne la fase di acquisto mediante soldi propri o mutui, possederla per sé o per altri, ed ancora a fine abitativo o di investimento. Le scelte sono individuali e familiari, certo, ma dipendono anche dal mercato immobiliare, dai redditi, dall’imposizione fiscale e dal contesto territoriale.
Per quanto ci riguarda, le fasi più critiche sono quelle della costruzione del progetto casa mediante mutuo e della gestione della casa, sia essa la nostra abitazione o data in affitto per conseguirne reddito.
In tutte le fasi, l’impatto economico è rilevante e le famiglie spendono mensilmente molto per la casa: 585 € se sono in affitto, 273 € al mese per l’abitazione di proprietà (Istat, spesa per l’abitazione 2023). In Piemonte, per ogni 100 euro di reddito 12,3 euro vengono spesi mediamente per la propria abitazione.
“Le fasi più critiche sono quelle della costruzione del progetto casa mediante mutuo e della gestione della casa, sia essa la nostra abitazione o data in affitto per conseguirne reddito.”
Quanto difendiamo questi consumi e questi beni? E teniamo sotto controllo la sicurezza dei nostri primi rifugi? Mettere in sicurezza la nostra casa è un fatto di responsabilità nei confronti di noi stessi e delle persone a cui vogliamo bene.
Cosa può capitare e quanto capita
L’annuario statistico dei vigili del fuoco ci informa che nel 2023 ci sono stati 38.021 interventi per incendi ed esplosioni direttamente legati ad abitazioni. Su base giornaliera questo significa 104 interventi al giorno. Gli incendi, naturalmente, possono danneggiare parti strutturali (porte, finestre, infissi), mobili ed elettrodomestici, beni. Se a questi eventi aggiungiamo allagamenti, fughe di gas e tutti gli altri danni che non hanno a oggetto i vigili del fuoco ma altre specializzazioni, ne emerge una grande diffusione di possibili eventi che possono colpire gestione e possesso di una casa.
Ci sono poi danni di origine volontaria, ossia dolosa. Tra questi, il più diffuso è il furto in abitazione.
Censis («La casa che vorrei. Spazio sicuro e che rassicura», realizzato dal Censis con il contributo del Servizio Analisi Criminale del Ministero degli Interni) ci presenta un quadro molto chiaro: 9 milioni di italiani ha subito almeno un furto in casa e il 44,5% conosce vicini e amici che sono stati vittime dello stesso reato. Nel 2022 sono stati commessi complessivamente 135.447 furti e rapine in abitazione e sebbene il numero sia inferiore al passato la percezione di insicurezza degli abitanti è molto forte. Va inoltre ricordato il tema della responsabilità civile di chi vive o possiede una casa, e che ci rende responsabili dei danni che possiamo causare ad altri in modo del tutto involontario, ad esempio per lavatrici che perdono, tubature che si guastano e così via.
I rischi legati alla propria casa esistono e sono frequenti. Possiamo scegliere di non pensarci e, nel caso, di subirli, oppure possiamo assumere consapevolezza e gestirli.
Cosa fare
La protezione della casa non ha solo ad oggetto muri, mobili e beni ma, soprattutto, la nostra stabilità economica. Una sola cucina ha un costo che può variare da poche migliaia di euro a qualche decina di migliaia di euro, e mettere a rischio cose che ci sono costate tanti sacrifici è del tutto evitabile.
Per questo, dovremmo attivare due tipi di attenzioni: prevenzione e riparazione.
La prevenzione consiste non solo nel mettere in atto comportamenti che mitighino i rischi ma anche essere in grado di dimostrare il danno subito. Troppe volte, infatti, non si tiene traccia fotografica o amministrativa delle cose che comperiamo, il che rende quasi impossibile ricostruirne possesso e valore. Il consiglio, dunque, è quello di contrastare la pigrizia, e cominciare a farlo. Più generalmente, la prevenzione consiste nel disporre di estintori manutenuti, custodire con cura i propri beni, avere buon senso comune nei comportamenti quotidiani, evitare comportamenti che amplifichino i rischi. Tutto questo è necessario, ma non sufficiente. Per questo, alla prevenzione va abbinata una strategia di protezione che consiste nel gestire, per via assicurativa, i propri rischi.
Molto spesso queste soluzioni sono già in atto. Ad esempio, nei condomini va verificata la copertura collettiva, di norma gestita dagli amministratori, ed è utile valutare se le somme assicurate sono sufficienti a proteggere un danno particolarmente rilevante. Le coperture condominiali, tuttavia, riguardano l’edificio e non il contenuto. Per questo, una mappa dei propri mobili, abiti, elettrodomestici e così via può aiutare a verificare il proprio grado di copertura.
Per quanto invece riguarda i furti, è bene evidenziare quali beni richiedono una adeguata protezione e ragionare con operatori che ci aiutino a valutare la forma più efficace di protezione.
In tutti i casi, la protezione della casa richiede forme assicurative, per il semplice fatto che l’unica alternativa consiste nel tenere immobilizzate o liquide grandi somme per far fronte agli imprevisti, il che è inefficace per natura.
Conclusione
La casa è il primo sogno, il primo sacrificio, l’acquisto più importante nella vita di molte persone. Quando qualcosa è importante va protetto, ed è un peccato che si passi molto tempo per sognare e poco tempo per tutelare ciò che ci sta a cuore. Siamo abituati a proteggere le automobili, dovremmo essere ancora più accurati nel difendere il nostro primo rifugio, economico e affettivo, dalle grandi e piccole cose che possono privarcene. Occuparci delle conseguenze economiche di un rischio rimuovendone gli aspetti più dannosi significa preoccuparsi meno e dormire meglio. In fondo, la protezione si basa su un principio solido ma semplice: privarsi di poco (denaro) per non correre il rischio di dover privare noi e gli altri di molto (la nostra casa).
Spesso pensiamo che per proteggerci sia sufficiente ridurre i rischi, stare attenti, comportarci in maniera sana. Così, evitiamo se possibile di mangiar male, di fumare, di guidare troppo velocemente; come se tutto potesse dipendere da noi. Nella realtà, non solo non siamo né possiamo essere perfetti ma soprattutto siamo soggetti a fatti ed imprevisti che sono anche indipendenti dalla nostra volontà e che possono arrecare ad altri danni dei quali saremmo chiamati a rispondere.
Perché pensare ad altri è pensare anche a sé
Alcune delle cose che possono accadere hanno effetto su di noi, sui nostri beni e sui nostri soldi. La salute ne è un esempio tipico. Ci sono tuttavia eventi che, involontariamente, possono recare un danno ad altri e dei quali per legge siamo chiamati a rispondere. Questi “altri” sono i cosiddetti terzi, persone fisiche o giuridiche estranee ai nostri rapporti quotidiani familiari o societari. Il campo di quello che può accadere è talmente vasto che spesso fatichiamo a ragionare sui danni che potremmo arrecare ai terzi e alle conseguenze che ne potrebbero derivare. Ci sono tuttavia situazioni nelle quali il nostro intero patrimonio può non essere sufficiente a coprire i danni dei quali siamo responsabili. Prevenirle ha costi così bassi da rendere conveniente questo tipo di protezione.
“Il campo di quello che può accadere è talmente vasto che spesso fatichiamo a ragionare sui danni che potremmo arrecare ai terzi e alle conseguenze che ne potrebbero derivare”
Chi rompe paga
Un bambino che getta qualcosa dalla finestra, un tubo dell’acqua di casa che si rompe, la lavatrice che perde, un piccolo incendio, investire qualcuno sugli sci, il cane che litigando morde qualcuno, danni causati da tubi scoppiati o perdite, utensili che si guastano… le cause di danni ad altri sono pressoché infinite e possono generare pesanti conseguenze. In tutti i casi, chi rompe o danneggia qualcosa di proprietà di un condominio, di un vicino di casa, dell’azienda per la quale lavora o di una Pubblica Amministrazione è tenuto a risarcire i danni che ha prodotto. Più specificamente possiamo, inavvertitamente, arrecare danni a:
– persone, rendendole impossibilitate, per poco o tanto tempo, a proseguire la loro attività lavorativa o vita quotidiana;
– cose degli altri, che possono pretendere da noi la riparazione o sostituzione di quel che abbiamo danneggiato;
– patrimonio e reddito, ad esempio laddove il danno arrecato impedisca alle persone colpite di poter svolgere la propria attività professionale o imprenditoriale o, ancora, di dover tenere chiusa la propria attività commerciale
Questi ed altri eventi possono avere esiti così rilevanti da rendere obbligatoria, ad esempio nella circolazione degli autoveicoli, una forma di protezione.
Obbligatorio o facoltativo? Dipende …
Tutti coloro che guidano un veicolo o vivono in un condominio conoscono bene ciò di cui si sta parlando. Ci sono, infatti, diverse assicurazioni obbligatorie. Tra queste, la più diffusa è la Responsabilità Civile Auto (RCA), che copre i danni causati a terzi in caso di incidente stradale del quale siamo responsabili. Ci sono tuttavia altre circostanze nelle quali la legge impone l’assicurazione: ad esempio, alcune professioni, come avvocati, medici, ingegneri, sono obbligate per legge a stipulare una forma assicurativa che copre i danni causati a terzi a causa di errori o omissioni commessi nell’esercizio della propria professione.
Queste forme assicurative sono obbligatorie perché sarebbe profondamente ingiusto subire un danno da terzi che non dispongono di risorse sufficienti a compensarlo. Il principio cui si ispirano è che l’autorità può imporre scelte e quindi limitare le libertà altrui quando si verificano comportamenti che arrecano danni ad altri.
La legge, tuttavia, non può imporre o immaginare ogni forma di danno arrecabile a terzi, e quindi opera solo nei casi più categorizzabili e diffusi. E negli altri casi, anch’essi quotidiani? Qui, l’obbligo è morale e spetta a noi.
“Le leggi non tutelano sempre tutto e tutti. Una parte della cura è in capo alle persone, e richiede comportamenti individuali che hanno un buon impatto collettivo.”
La responsabilità è un fatto sociale, che può comportare conseguenze economiche.
Poco o tanto frequente?
Gli eventi che si sono verificati e che erano coperti da assicurazione di responsabilità civile, nel solo 2021, sono stati 292.000, circa 800 al giorno. L’importo medio dei sinistri risarciti è pari a 6.918 euro (Fonte: Ivass 2022) ma l’importo massimo previsto attualmente dal Tribunale di Milano per il risarcimento di un danno non patrimoniale è superiore a 1.236.000 euro.
Sono cifre che possono mettere in ginocchio qualunque economia personale e familiare. Per questo, al di là degli obblighi di legge, essere certi di non patire se arrechiamo un danno ad altri è una delle forme naturali di copertura di ogni persona e famiglia.
Ogni giorno succede qualcosa che danneggia o deteriora altre persone o beni. Occuparsene significa non dovere preoccuparsene.
Passare all’azione
La possibilità di dover rispondere dei danni arrecati a terzi richiede sia prevenzione che rimozione delle conseguenza economiche possibili.
La prevenzione consiste nella riduzione di comportamenti potenzialmente in grado generare danni. Sciare con attenzione, chiedere ai proprietari di altri animali se sono litigiosi, chiudere con cura i rubinetti prima di partire sono solo alcune delle cure normali e fanno parte del capitolo “buon senso”. Si tratta, in effetti, di ridurre le probabilità di produrre danni. Certo, chi ha bambini o cani corre più rischi di chi non ne ha, e chi vive in un condominio è più a rischio di chi vive in una casa isolata ma anche le situazioni in apparenza meno pericolose non ci proteggono dalla possibilità di incappare in un rischio del quale rispondere.
Non tutto dipende in maniera diretta dalle nostre attività; talora le cause sono indirette.
È bene, di conseguenza, verificare periodicamente la tenuta dei propri cornicioni, preoccuparsi se le tubature condominiali subiscono frequenti guasti, non tenere oggetti pericolosi sulle finestre se abbiamo bambini piccoli e così via. Il problema della responsabilità civile verso gli altri, tuttavia, è duplice: da un lato non è semplice prevenire le infinite cause, dall’altro il danno arrecato è del tutto imprevedibile. Un vaso di fiori che cade da un balcone su un cofano, infatti, ha un esito radicalmente diverso dallo stesso vaso di fiori che cade in testa a una persona. La varietà degli incroci tra cause ed effetti rende necessario estendere le coperture obbligatorie e qui non ci sono supporti pubblici o associativi che possono aiutarci: dobbiamo proteggerci utilizzando forme associative, mutualistiche o assicurative.
“Ogni caso è diverso, pensa alle caratteristiche della tua situazione famigliare e valuta forme di protezione che la tutelino.”
Non tutti i rischi che corriamo sono misurabili con precisione in termini di frequenza o danno ipotizzabile. La vita privata e quella professionale sono anche attraversate da rischi che possono accadere e dei quali non sappiamo se avremo la capacità economica di fronteggiarli. Questi rischi non vanno tenuti sulle spalle, costituendo pericoli, ma gestiti con le forme più corrette ed efficaci.
Conclusione
Pensare agli altri, anche nella gestione delle proprie economie personali non è solo una questione di generoso altruismo ma anche di razionale egoismo. In fondo, gli altri siamo “noi” ed è naturale che vorremmo essere risarciti adeguatamente se subiamo danni. Per questo, coprirsi per la responsabilità civile è un modo per proteggere se stessi e rispettare la propria comunità contribuendo alla serenità di tutti. È bene ricordare, come sempre in questi casi, che mutualità ed assicurazioni sono forme che si basano su un principio molto semplice: privarsi di poco (denaro) per non correre il rischio di dover privare noi e gli altri di molto.
Fino a qualche anno fa stare bene significava, semplicemente, non stare male. Oggi la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la salute come ”Una condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale e non esclusivamente l’assenza di malattia o infermità.”
Ci teniamo al benessere, del corpo e della mente. Mangiamo meglio, facciamo più attività fisica, cerchiamo di trovare equilibrio tra stress quotidiani e tempi liberi. Fumiamo meno e certo dovremmo fare più prevenzione ma prima o poi ci arriveremo. Perché, come recitava una vecchia canzone “quando c’è la salute c’è tutto”. Questo tutto, però, va coltivato, curato e tenuto in conto.
Curarci oggi: qualche dato
In Italia, ogni anno si effettuano più di 1 miliardo e 232 milioni di prestazioni sanitarie, che vanno dalle visite agli esami ai ricoveri ed agli interventi. Nel 2022, i malati cronici sono pari al 18,5%, della popolazione totale. Oltre 2,8 milioni di anziani non sono autosufficienti. Troppo spesso sottovalutiamo la possibilità di avere bisogno di cure.
La salute è come l’acqua: ci accorgiamo della sua essenzialità solo quando manca. Dobbiamo però metterci in condizione di gestire, e non subire, le eventuali necessità urgenti ed importanti.
Il SSN, una grande conquista che però arretra
Il Sistema Sanitario Nazionale rappresenta una delle più importanti conquiste sociali del secolo scorso, e dovrebbe garantire a tutti i cittadini il diritto fondamentale alla salute. Dovremmo poter accedere alle cure senza doverci preoccupare delle nostre capacità economiche, ed è qualcosa di cui come italiani potremmo essere fieri. Eppure, negli ultimi anni sempre più persone si rivolgono al privato per le proprie cure. Perché questo accade?
In primo luogo, i tempi di attesa per accedere alle prestazioni sanitarie pubbliche sono lunghi. Certo, ci sono eccellenze ma si può rischiare di dover attendere quasi un anno e mezzo per un’ecografia all’addome, 427 giorni per una visita cardiologica e 394 per una visita ginecologica. Inoltre, non tutte le prestazioni sanitarie sono completamente coperte dal Servizio Sanitario Nazionale e questo ci costringe a sostenere spese aggiuntive.
In questo quadro, i medici invecchiano e non hanno sufficiente ricambio. Nel solo Piemonte, a inizio 2023 mancavano 296 medici generici e il dato è destinato a esplodere, a causa dello scarso ricambio generazionale.
La necessità di tutelare la propria salute e quella dei propri cari porta molti di noi a cercare soluzioni alternative più rapide, anche se a pagamento, spesso a discapito delle proprie finanze.
Non tutti però possono farlo e quindi, rinunciano: più di 4 milioni (Bes 2022, Istat) dipersone dichiarano di aver rinunciato nell’ultimo anno a visite specialistiche o esami diagnostici.
Non possiamo rischiare di non avere il denaro che occorre per curarci, stare bene e ritrovare il benessere che meritiamo. Assumere piena consapevolezza su questi temi ci permette di prendere in mano le redini della nostra vita e della nostra salute.
Quali voci di spesa considerare?
Dal punto di vista economico, le spese connesse alla propria salute possono essere legate a visite mediche di cura e prevenzione, farmaci, assistenza infermieristica domiciliare, servizi di assistenza extra-sanitari (qualcuno che ci dia una mano con la spesa o la casa mentre noi siamo incapaci di poterlo fare). C’è poi una voce di spesa significativa, che è quella di dover sostenere possibili, e potenzialmente costosi, interventi chirurgici in Italia o all’estero per i quali i tempi della sanità pubblica risultino incompatibili con quelli della cura. In pratica, la salute va considerata in termini complessivi, come un vero e proprio “Progetto Benessere” che comprende prevenzione, diagnosi, cura ed assistenza.
Tutelare le proprie spese sanitarie è un modo per tutelare anche il proprio benessere economico. Evitando uscite eccessive e garantendosi un’assistenza adeguata, si preserva la propria capacità economica e si riducono i rischi di un indebitamento a lungo termine.
Proteggere la salute è prioritario
Fin qui abbiamo compreso perché non possiamo trascurare il tema delle spese sanitarie ma cosa possiamo fare per prenderci cura della nostra salute, anche economica?
Il primo passo è darsi un obiettivo di stabilità, e farsi un’idea dei costi che dovremmo sostenere in caso di spese sanitarie significative. Dato che però non possiamo sapere a priori quanto potremmo dover sostenere, è bene simulare le situazioni più gravi (un’assistenza infermieristica a tempo pieno per mesi o un intervento chirurgico urgente).
Il secondo passo prevede di fare l’inventario delle risorse economiche su cui potremmo contare in caso di spese sanitarie. La mappa dell’esistente dovrà comprendere anche eventuali coperture sanitarie fornite dalla propria azienda in un quadro di welfare aziendale.
Il terzo passo richiede il confronto tra le necessità di spesa che potrebbero verificarsi e le nostre disponibilità. Queste analisi possono essere fatte con un consulente che ci aiuti a minimizzare, in tutto o in parte, il rischio di non poter far fronte a spese sanitarie che potrebbe davvero salvarci la vita. Proteggere la salute è prioritario.
“Il primo passo è darsi un obiettivo di stabilità, e farsi un’idea dei costi che dovremmo sostenere in caso di spese sanitarie significative.”
Prendersi cura della propria salute significa adottare stili di vita sani, fare prevenzione e pianificare. I passi sono semplici, si parte dall’obiettivo di protezione, si valorizzano le risorse a disposizione e si colma il bisogno eventualmente non coperto da ciò di cui si dispone.
Conclusione
Poter star bene è una necessità di tutti, che tuttavia spesso siamo portati a sottovalutare perché l’importanza della salute si comprende bene solo in caso di sua mancanza. Non dovremmo gestire da soli rischi rilevanti come quelli legati alla nostra salute, mettendo a rischio la nostra stabilità economica presente e futura o richiedendo ai nostri cari tempi e sacrifici. Per questo, è bene considerare forme moderne quali quelle assicurative, che gestiscono i rischi collettivamente e proteggono il singolo consumatore da spese eccessive.
Parlare di rischi gravi, come quello di venire a mancare, non piace a nessuno. Esito? Per paura, fatalismo o disinteresse si rischia di lasciare che persone a noi care ne subiscano le conseguenze. Questa reticenza a confrontarsi con il tema genera una sorta di chiusura, che porta a interpretare il rischio di premorienza come qualcosa di lontano e improbabile. Eppure, come vedremo in questo contributo, si tratta di un tema serio che dovremmo imparare ad osservare, con meno emotività e un pizzico di razionalità in più.
Perché occuparcene: qualche dato
La vita è lunga ma non infinita, e c’è la possibilità che si viva meno di quanto misurato dalle statistiche generali. Secondo l’Istat oggi in Italia le cause di mortalità più frequenti sono le malattie del sistema circolatorio e i tumori, che insieme causano più del 55% dei decessi totali. Non dobbiamo però vivere nella paura, in questo campo la ricerca sta facendo passi da gigante, raggiungendo straordinari successi grazie a nuove tecnologie e trattamenti sempre più mirati ed efficaci.
Gli stili di vita corretti rappresentano un’arma potente, infatti ben il 33% delle morti potrebbe essere evitato modificando i fattori di rischio, facendo prevenzione e aderendo a programmi di screening.
Le conseguenze economiche, diversamente, si affrontano assumendo il controllo sulla propria vita finanziaria.
Lasciare i propri affetti in condizione di bisogno non è ragionevole né dal punto di vista razionale né dal punto di vista emotivo. Inoltre o si decide di mettere ordine alla propria economia anche in casi estremi, o si decide di lasciare dietro di sé fragilità o disordine. È una questione di rispetto, affetto, responsabilità.
E se cambiassimo prospettiva?
Quanta fatica facciamo ad interfacciarci con l’idea di non esserci più? Moltissima…
Il tema è anche culturale. Nel nostro Paese, infatti, la morte è percepita come un evento da rimuovere; in altre culture viene intesa invece come parte naturale del corso della vita e affrontata con più quiete.
Ad esempio per i Maori passato, presente e futuro non sono distinti, ma interconnessi e contigui. “Abbi fiducia del percorso”, è questo l’invito che ci viene fatto, e che, al di là delle comprensibili fatiche, sarebbe bello fare provare a fare nostro. “Whakapapa” è la linea continua che connette ciascuno di noi al suo passato, al suo presente e al futuro.
“Abbi fiducia del percorso, è questo l’invito che ci viene fatto, e che, al di là delle comprensibili fatiche, sarebbe bello fare provare a fare nostro”
In questa prospettiva, il nostro vivere quotidiano comprende ciò che ci è stato insegnato dalla nostra famiglia e prefigura naturalmente la cura e la tutela, anche economica, di ciò che è appena nato o nascerà.
Chi deve proteggersi?
La premorienza, tecnicamente, consiste nella possibilità che la propria durata di vita sia inferiore a quella media, a causa di malattie o infortuni. A differenza di altri rischi, come ad esempio l’invalidità o la mancata autosufficienza, non sempre la “premorienza” genera conseguenze economiche negative. Questo rischio, infatti, deve essere gestito solo da chi ha responsabilità economiche nei confronti di altre persone. Le responsabilità possono essere di diverso tipo: si può, infatti, contribuire al benessere familiare portando a casa lo stipendio, oppure sostenendo in autonomia il pagamento dei debiti o, ancora, accumulando risparmio per il futuro economico dei figli.
“Questo rischio, infatti, deve essere gestito solo da chi ha responsabilità economiche nei confronti di altre persone”
Per capire se per noi è prioritario gestire il rischio di premorienza dobbiamo domandarci: quali sarebbero le conseguenze economiche su chi mi circonda se venissi a mancare?E riuscirebbero a gestirle in autonomia? Se la risposta è negativa, occorre prendere in mano le redini della propria vita economica e proteggersi.
Lo Stato ci aiuta? Ni.
In Italia sono previsti dei supporti pubblici che vengono in aiuto nel caso in cui una persona venga a mancare. Queste prestazioni, tuttavia, sono mediamente esigue (751€ lordi mensili per le donne e 467€ lordi mensili per gli uomini) e non riguardano l’intera popolazione ma solo i superstiti di un lavoratore attivo o di un pensionato.
Più concretamente, ci sono due tipi di prestazione pubblica “superstiti”, che si chiamano pensione indiretta e pensione di reversibilità. La prima è riservata ai familiari di un lavoratore, la seconda ai familiari di un pensionato. Se la premorienza non riguarda un lavoratore o un pensionato, non sono previsti supporti pensionistici pubblici.
Per avere diritto all’assegno occorre inoltre disporre di precisi requisiti: la pensione ai superstiti spetta, ad esempio, al coniuge o convivente (se unito civilmente) e ai figli, con alcune limitazioni relative all’età e allo stato di salute, e non ad altri soggetti vicini. Occorre poi aver contribuito per un certo numero di anni e con continuità.
Il consiglio è quello di non dare mai per scontato nulla e verificare, ad esempio attraverso il sito dell’INPS, se abbiamo i requisiti per entrare in possesso della pensione, oppure no. Questa informazione è essenziale per poter decidere, consapevolmente, se e come agire.
Solidi e capaci di fronte ai rischi
Per proteggere le persone a cui teniamo nel caso in cui venissimo a mancare, dobbiamo innanzitutto simulare “cosa accadrebbe se…” e così capire quale è il grado di resilienza che siamo in grado di sviluppare.
I passi per comprendere la nostra stabilità sono tre.
La prima cosa da fare è definire una situazione-obiettivo di stabilità, facendosi un’idea dei costi che i nostri affetti dovrebbero sostenere in caso di improvvisa mancanza del nostro reddito. Il secondo passaggio è quello di fare l’inventario di tutte le risorse economiche sulle quali potrebbero contare i nostri cari in caso di premorienza, con una particolare cura per quelle periodiche/mensili. Oltre all’eventuale supporto dell’INPS, potremmo ad esempio disporre di un supporto economico offerto dal piano di welfare aziendale dell’impresa con cui collaboriamo. Il terzo step prevede di confrontare il nostro obiettivo di protezione con i supporti pubblici e privati a disposizione, verificando quanta parte delle necessità economiche è coperta e quanta no.
“Per proteggere le persone a cui teniamo, dobbiamo innanzitutto simulare “cosa accadrebbe se…” e così capire quale è il nostro grado di resilienza”
Se ci sono delle distanze tra ciò che ci servirebbe e quello che avremmo a disposizione, è bene confrontarsi con il proprio consulente per comprendere come minimizzare, in tutto o in parte, il rischio di non poter far fronte a un evento così rilevante in termini emotivi ed economici.
Conclusione
Il rischio di premorienza non è tema che si affronta a cuor leggero, eppure trascurarlo potrebbe avere effetti ben peggiori. Assumere innanzitutto consapevolezza e quindi agire per gestirne le conseguenze è essenziale. Dopotutto la consapevolezza è la nostra prima, grande, forma di tutela.
Il matrimonio è un’istituzione in continua evoluzione, che riflette i cambiamenti sociali, culturali e economici. Se da un lato l’amore rimane il fondamento principale di una relazione matrimoniale, dall’altro le motivazioni, le forme e i significati del matrimonio si sono modificati, offrendo una maggiore libertà di scelta e personalizzazione. Una nuova vita insieme richiede molte attenzioni, anche economiche.
Qualche dato sui matrimoni
Il numero di matrimoni celebrati in Italia negli ultimi anni è in continuo calo. Nel 2023 sono stati celebrati in Italia 184.207 matrimoni, erano 194.057 nel 2013. I motivi del calo sono numerosi, aumentano, ad esempio, le libere unioni che negli ultimi 20 anni sono più che triplicate (da circa 440mila a più di 1 milione e 600mila), (Report matrimoni, unioni, separazioni, Istat 2024). Negli ultimi decenni, inoltre, la bassa fecondità sta producendo un effetto strutturale negativo sui matrimoni. Man mano che le generazioni più giovani, meno numerose di quelle dei genitori, entrano nella fase adulta della vita si riduce la numerosità della popolazione in età da matrimonio e, di conseguenza cala il numero assoluto di nozze. Ci si sposa sempre più tardi e, spesso, dopo un periodo convivenza: la tendenza al rinvio porta l’età media alle prime nozze a 34,7 anni per gli uomini e a 32,7 anni per le donne (Report matrimoni, unioni, separazioni, Istat 2024).
Il matrimonio continua comunque ad essere una scelta importante che viene fatta da molte coppie, seppur in modo differente rispetto al secolo scorso. L’inizio di una vita insieme richiede cura ed attenzione, anche economica, per mettere fondamenta solide ad un rapporto sano e duraturo.
Economia e matrimonio: un binomio importante
La scelta di condividere la propria vita con un’altra persona “finché morte non ci separi” genera responsabilità affettive ed economiche non indifferenti. I problemi economici possono infatti essere una sfida importante per le nuove coppie e possono innescare tensioni e conflitti che mettono a dura prova il legame. Ciascuno di noi ha un proprio rapporto con il denaro, influenzato dalla propria educazione, dalle esperienze passate e dai valori personali. Questo può portare a interpretazioni diverse sulla gestione del budget familiare, sugli acquisti, sulla gestione dei debiti, sugli investimenti e sulla pianificazione del futuro. La preoccupazione per i soldi, i debiti e la stabilità familiare possono inoltre generare stress e frustrazione, minando la serenità della coppia. Conoscere i tempi, i costi, le priorità del progetto matrimonio e le dinamiche economiche di una nuova vita insieme è dunque essenziale e prioritario per tutti colori che stanno per sposarsi.
“I problemi economici possono infatti essere una sfida importante per le nuove coppie e possono innescare tensioni e conflitti che mettono a dura prova il legame.”
Con un approccio costruttivo e una buona consapevolezza sulle sfide economiche di una famiglia neo formata, è possibile superare le difficoltà e rafforzare il legame affettivo.
Responsabilità affettive ed economiche
Il matrimonio è per molti un momento chiave della vita adulta. Alcuni lo sognano sin da piccoli, per molti è una tradizione irrinunciabile, per altri una festa da non dimenticare. Sposarsi ha quindi un costo, più o meno importante in funzione delle aspettative. Secondo l’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, nel 2024 il costo totale di un matrimonio tradizionale con 100 invitati può oscillare tra 44.806,40 € ed 101.158,40 €. In media quasi il 40% del budget viene destinato alla location, al cibo e alla musica. Gli abiti degli sposi rappresentano circa il 16% del totale, mentre il viaggio di nozze assorbe il 14%. Al di là dei costi relativi al giorno delle nozze, il matrimonio richiede una nuova impostazione economica familiare. La vita di coppia porta infatti con sé obiettivi di vita comuni, familiari, presenti e futuri che possono andare dall’acquisto della casa, alla scelta dei viaggi da fare insieme, al desiderio di avere e far crescere un figlio, e così via. Sposarsi significa inoltre condividere (quasi) tutto e supportarsi a vicenda nel caso in cui capitasse qualcosa di difficile, come una malattia o un incidente.
È importante quindi non solo definire gli obiettivi familiari, ma anche pianificare la sicurezza finanziaria, valutando i rischi e garantendo una protezione economica reciproca.
Economicamente autonomi, felici e più uniti
Una coppia è comunque l’insieme di due persone. Un prerequisito fondamentale per un matrimonio duraturo è quello di far sì che ciascun membro della coppia possa contare su una propria autonomia economica, presente e futura. Questo significa assicurarsi un proprio reddito (da lavoro e pensionistico) e un conto corrente personale per affrontare al meglio gli imprevisti e preservare l’autonomia finanziaria di ciascuno. La mancanza di fonti di reddito individuali, infatti, rende più fragili di fronte agli imprevisti e meno capaci di reagire a eventuali emergenze o crisi improvvise, come ad esempio una separazione, un licenziamento, una malattia, una vedovanza.
“La mancanza di fonti di reddito individuali, infatti, rende più fragili di fronte agli imprevisti e meno capaci di reagire a eventuali emergenze o crisi improvvise, come ad esempio una separazione, un licenziamento, una malattia, una vedovanza.”
La contemporaneità è piena di eventi inattesi e richiede che ciascun individuo sia capace di affrontare l’imprevisto in autonomia disponendo di risorse economiche sufficienti e personali.
Sviluppare progettualità comuni
Gli esseri umani sono fantastici nella loro capacità di sognare, di pianificare in anticipo e di guardare al futuro; sono proprio i progetti a trainare positivamente verso il futuro, a far affrontare i momenti più difficili, a rafforzare e a tenere unite le coppie. I progetti sono il vero motore di una coppia e devono essere continuamente immaginati e alimentati. Il primo consiglio è quindi quello di immaginare il proprio futuro insieme individuando obiettivi di vita comuni, descrivendoli con cura, affiancando ad ognuno un tempo, delle risorse economiche e una priorità.
La fiducia nel futuro richiede un approccio immaginativo e la predisposizione positiva verso il futuro. L’immaginazione si attiva ponendosi delle domande: e allora proviamo a chiederci … come saremo insieme tra 5, 10, 20 anni e che bisogni e desideri avremo?
In sintesi, che fare?
Scegliere di sposarsi e di dare vita ad un percorso insieme ad un’altra persona è un passo importante che richiede slancio emotivo, ma anche metodo e pianificazione economica. I passi da compiere (insieme) sono semplici. Innanzitutto si parte individuando «obiettivi comuni» con il partner. Il passo successivo è quello di dedicare attenzione al conto economico familiare, definendo con precisione entrate e uscite, i beni, i debiti, la ricchezza familiare. A questo punto occorrerà riorganizzare le spese in modo da poter risparmiare per gli obiettivi comuni e avviare insieme al partner un’attività di budgeting. Ricordiamoci poi di stimare con cura le entrate (assistenziali, pensionistiche e non) su cui singolarmente si potrà contare in caso di necessità e le uscite a cui si potrebbe dover far fronte. Infine, non dobbiamo dimenticarci di individuare le soluzioni coerenti con le necessità di protezione di tutti i membri della famiglia in caso di eventi imprevisti come ad esempio una malattia o un decesso.
“Scegliere di sposarsi e di dare vita ad un percorso insieme ad un’altra persona è un passo importante che richiede slancio emotivo, ma anche metodo e pianificazione economica.”
La pianificazione è come un viaggio, si parte da una meta.
E se qualcosa andasse storto…?
“E vissero per sempre felici e contenti”. Ognuno di noi cerca il lieto fine, spesso però le cose vanno diversamente e il finale cambia. Se un tempo separarsi era considerato un evento poco accettabile e tutto sommato raro, oggi le cose sono molto cambiate e separarsi non è più un tabù. Forse anche per questo, aumentano notevolmente le coppie che scelgono il regime di separazione dei beni e che, in caso di divorzio, rientrano interamente in possesso dei propri averi.
A fronte di 184.207 matrimoni, nel 2023 le separazioni sono state complessivamente 82.392, mentre i divorzi 79.875. (Report matrimoni, unioni, separazioni, Istat 2024). La fine di un’unione può capitare anche tra gli sposi “senior” (le separazioni con almeno uno sposo ultrasessantenne sono infatti quasi raddoppiate nel giro di dieci anni).
“Ognuno di noi cerca il lieto fine, spesso però le cose vanno diversamente e il finale cambia.”
La fine di un’unione è un momento faticoso che può portare a scelte irrazionali, a discapito della stabilità economica presente-futura degli ex coniugi.
Affrontare una separazione: alcuni consigli
Se di certo non possiamo prevedere se e quando ci separeremo, possiamo però attrezzarci per non farci trovare impreparati. La prima cosa da fare è crearci una riserva economica finalizzata a coprire i consumi personali in caso di bisogno. Fatto questo, occorre comprendere gli impatti di questo evento sul proprio equilibrio economico. Il divorzio richiede infatti di ridefinire i legami finanziari che possono comprendere conti correnti, investimenti comuni, piani pensionistici, immobili e altre proprietà definite durante il matrimonio. Il consiglio è inoltre quello di aggiornare le proprie volontà e di fare attenzione ai nuovi beneficiari (di polizze assicurative, pensionistiche o lasciti testamentari) e alla modifica di importi e necessità.
“Se di certo non possiamo prevedere se e quando ci separeremo, possiamo però attrezzarci per non trovarci impreparati ”
Sciogliere il proprio matrimonio non è mai una scelta facile; l’auspicio è che, qualunque cosa si scelga di fare, venga fatta con attenzione, calma e consapevolezza finanziaria.
Conclusioni
Inaugurare una nuova vita insieme significa prendersi cura di un nuovo sé e dare spazio a nuove progettualità comuni. I progetti sono il vero motore di una coppia e devono essere continuamente immaginati e alimentati. La coppia è comunque il luogo di unione di due persone e ciascuno deve essere sempre in grado di cavarsela, qualunque cosa accada.
Ci sono, nella vita, cose alle quali non vogliamo pensare ma che possono succedere. Li chiamiamo imprevisti, rischi, o semplicemente sfortune ma fanno parte delle possibilità e per questo andrebbero tenute in conto. Uno dei rischi più sottovalutato è la disabilità fisica, mentale, intellettiva, o sensoriale, che può ostacolare la partecipazione nei diversi contesti di vita su basi di uguaglianza con gli altri. Non poter più cavarsela da soli, guadagnare o essere autonomi scuote la propria vita e quella di chi ci sta a fianco. Per questo, vale la pena di simularne gli esiti e prevenirne le conseguenze.
Perché occuparcene: qualche dato
Secondo l’Istat a fine 2023, in Italia, su una popolazione di circa 58 milioni e mezzo di persone, 2.904.000 vivono in condizione di limitazioni gravi nelle attività abitualmente svolte. Siamo vicini al 5% dell’intera popolazione. Altre 9.487.000 persone fronteggiano limitazioni, seppure non gravi. L’età media di chi ha maggiori difficoltà di salute è intorno ai 67 anni. Il dato medio, tuttavia, non evidenzia la diffusione del fenomeno per ogni fascia di età. Gli studenti con disabilità nelle scuole, ad esempio, sono più di 316 mila, e questo ci dice che la disabilità è più diffusa di quanto non appaia camminando per le strade delle nostre città. Non a caso, il numero di persone che percepisce una pensione di inabilità è davvero significativo, ed è pari a 4.326.519.
Troppo spesso confondiamo il nostro osservatorio con il mondo intero. Ci sono tuttavia questioni di scarsa visibilità pubblica e che per questo sono troppo spesso sottovalutate.
Oltre i dati, le necessità e i pensieri
L’arrivo di una condizione di disabilità, specie se improvviso, mette in crisi tutta la vita personale e familiare e quasi sempre ci trova impreparati. La parola che definisce chi si occupa di una persona disabile è caregiver, colui o colei che dà cura. La narrazione più comune mette questo compito in capo alle badanti, che si stima siano circa un milione. La realtà, tuttavia, è molto diversa e ci dice che in Italia in media il 17,4% della popolazione (oltre 8,5 milioni di persone) è impegnata come caregiver e si occupa di assistere chi ne ha bisogno. Quasi 7,3 milioni tra questi, in genere donne, si occupa dei propri familiari. La maggior parte (53,4%) dei caregiver dedica fino a un’ora e mezza al giorno a questa attività, altri (25,1%) vi dedicano fino a 3 ore al giorno (fonte: Quotidiano Sanità su dati Istat).
La presa in carico di una disabilità coinvolge tutta la sfera familiare ed affettiva. Per questo, il tema della disabilità va affrontato nelle sue ripercussioni economiche ma anche in quelle affettive, per evitare che una propria condizione diventi il perno attorno al quale si annullino le traiettorie temporali e lavorative di chi ci sta a fianco.
I costi della salute e della sanità
Oggi buona parte della spesa per il welfare è a carico diretto delle famiglie, che sostengono “di tasca propria” il 22% della spesa sanitaria, e il 71% di quella assistenziale per la cura dei figli e, soprattutto, degli anziani. Il solo costo di un infermiere professionale privato a domicilio supera i 22 euro l’ora, e può arrivare fino a 100 euro l’ora (fonte: Cup Solidale). Ipotizzando il costo minimo, la tariffa feriale ed un impegno di sole 2 ore al giorno, questo significa quasi 1.000 euro al mese, da confrontare con l’importo medio mensile delle pensioni di invalidità in pagamento, che non raggiunge i 900 euro al mese per dipendenti e commercianti. Laddove si debba decidere per una residenza sanitaria assistenziale, il costo medio nell’Italia meridionale è di circa 1.500 euro al mese, e può raggiungere i 4.000 per le Case di Riposo nel nord Italia. La degenza media è di 12 mesi, ma in alcuni casi (ad esempio Alzheimer), il supporto può durare anni. Ne deriva l’inadeguatezza dell’assistenza pubblica, che tra sussidi e servizi non copre neppure le sole necessità minime di supporto (fonte: 7 – Corriere della sera).
Nel ventesimo secolo l’assistenza pubblica si prendeva in carico le fragilità dei cittadini, oggi questo percorso ha preso la direzione inversa, e molte delle necessità di cura e di spesa ricadono sulle famiglie. Bisogna, di conseguenza, essere attenti e verificare la propria resilienza nel caso di situazioni estreme, adottando i comportamenti più tutelanti per sé e gli altri.
Gli impatti sui tempi di vita
I dati, per quanto importanti, rischiano spesso di diventare asettici e impersonali. La disabilità, tuttavia, è qualcosa di molto concreto, che riguarda la relazione, spesso dolorosa, tra persone che si vogliono bene. Ridurre il rischio di non poter vivere dignitosamente è una priorità per tutti, ed assume un peso importante per chi è single o non può contare su reti di protezione familiare. Per chi invece ha dei figli o compagni di vita, tuttavia, è bene pensare che una disabilità improvvisa può spezzare la quotidianità di chi dovrà prestare assistenza, far sparire i progetti futuri, mettere fine alla spensieratezza che ogni vita merita. L’esperienza dei caregiver, infatti, ci racconta di momenti spesso bui, fatti di solitudini, di privazioni affettive ed economiche a cui non ci si può sottrarre, per affetto e per responsabilità. Anche per questo, è necessario porre in atto, da subito, soluzioni economiche che tutelino noi e chi ci sta a fianco.
“Anche per questo, è necessario porre in atto, da subito, soluzioni economiche che tutelino noi e chi ci sta a fianco.”
Se siamo soli, dobbiamo farci carico direttamente delle nostre condizioni di vita, anche in situazioni estreme. Se ci sono persone che vivono con noi, proteggerci dalle disabilità significa proteggere anche loro, e prevenire situazioni che possono essere gestite per tempo, grazie a un pensiero preventivo.
Progettare la protezione: pubblico, privato, associativo
Cosa accadrebbe se…? Il confronto con i propri rischi parte da questa domanda. In primo luogo, dovremmo capire se siamo pronti ad affrontare sfide tanto impegnative. Questo implica confrontare le spese ipotizzate con i propri ricavi ma anche, ad esempio, valutare i costi della rimozione delle barriere architettoniche, dell’eventuale allargamento delle porte, del rifacimento dei servizi igienici, di sistemi di videosorveglianza e così via. Una ricognizione sui sistemi di assistenza pubblici, privati e di terzo settore, aiuta ad avere una misura del problema. In ogni caso, e come sempre, è necessario un confronto con chi, professionalmente, può aiutarci nella prevenzione e nella gestione di eventi rischiosi ed inattesi. Perché allora, non lo facciamo? Certo non siamo stati informati o educati, da giovani, a fronteggiare le diverse situazioni che possono verificarsi in una vita. Oggi, però, la quantità di informazioni e di supporti rende la disattenzione una scelta, e non più una necessità. C’è di che riflettere.
“In ogni caso, e come sempre, è necessario un confronto con chi, professionalmente, può aiutarci nella prevenzione e nella gestione di eventi rischiosi ed inattesi”
La nostra vita richiede controllo, prevenzione, gestione e progettualità. Che ci piaccia o no, molti dei temi demografici, finanziari, economici richiedono conoscenza, consapevolezza, decisioni e scelte. Il primo risultato dell’avere controllo è dormire meglio. Il secondo è gestire e non subire ogni evenienza.
Conclusione
Ci sono rischi visibili ed evidenti ed altri che si vedono meno, perché spesso sono confinati tra le pareti domestiche o in luoghi separati. Non poter lavorare, rischiare di non essere autonomi o di vivere una vita non dignitosa per gravi motivi di salute è un rischio che riguarda tutti, uomini e donne poveri e ricchi, giovani ed anziani. Imparare a prevenire è gestire anche questo tipo di situazioni prima che si verifichino è un diritto per gli altri e un dovere per noi.