Camillo Venesio, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Banca del Piemonte, scrive su Il Sole 24 Ore in merito alle Linee Guida emanate dell’Autorità Bancaria Europea (EBA) in materia di concessione e di monitoraggio dei crediti.
Il coronavirus ha accelerato la diffusione del mezzo, ma non tutte le città sostengono questa forma di mobilità alternativa.
Monopattini elettrici: bonus per l’acquisto, nuove corsie dedicate, offerta crescente, indubbia praticità, piacevolezza d’uso, cult mobility, grande libertà di movimento, alternativa alla city-car.
Sono diversi i fattori che stanno facendo esplodere il fenomeno dei monopattini elettrici, in ogni grande città ed anche a Torino.
Ad accelerarne la diffusione, fra l’altro, è stato il coronavirus, infatti le linee guida per fronteggiarlo sconsigliano l’utilizzo di mezzi pubblici per evitare il contagio, favorendo così forme alternative di mobilità urbana, come quella dei monopattini elettrici, scelti soprattutto dai giovani.
Sta di fatto che quello dei monopattini elettrici, chiamati anche e-scooter, sta diventando un mercato sempre più rilevante, tanto che il Boston Consulting Group (BCG), multinazionale della consulenza strategica, ha previsto una potenzialità di 25-30 miliardi di dollari, a livello globale e una forte crescita degli investimenti dedicati.
Lo stesso Boston Consulting Group (Bcg), comunque, pur riconoscendo che quello dei monopattini elettrici è “uno dei fenomeni di consumo con la crescita più rapida a livello mondiale”, si è premurato di aggiungere che ne è “anche uno dei più controversi”. Infatti, ci sono città che hanno deciso di limitare il loro utilizzo, in funzione soprattutto della convivenza con gli altri mezzi di trasporto e con i pedoni. Altre, al contrario, hanno scelto di puntare su questa forma di mobilità alternativa, influenzando anche gli investimenti e lo sviluppo tecnico dei monopattini elettrici. In effetti, i modelli di seconda generazione sono più robusti e con un ciclo di vita più lungo rispetto ai precedenti; inoltre, sono dotati di nuovi elementi intelligenti, come i sensori anti-vandalismo.
“Il prossimo livello di innovazione – prevede BCG– riguarderà le batterie, che saranno sostituibili in stazioni di ricarica poste in vari punti della città, dove gli utenti potranno cambiarle in cambio di credito di viaggio, analogamente a quanto già avviene per il rifornimento delle auto nelle app di car-sharing”.
Trattando della diffusione degli e-scooter, il report della multinazionale della consulenza strategica distingue quattro elementi chiave: densità della popolazione, apertura all’uso delle bici, clima, numero dei giovani.
In base a questi 4 punti, sono state individuate 750 città negli Usa e in Europa adatte a questo tipo di micromobilità.
Nel Vecchio Continente spiccano Copenaghen e Berlino che, secondo Boston Consulting Group sono “più portate alla maggiore crescita del mercato dei monopattini elettrici grazie alla loro cultura e alla presenza di spazi destinati alle bici già da molto tempo”.
In molte altre città la penetrazione degli e-scooter dipenderà dai progressi che le amministrazioni riusciranno a fare sulla pianificazione e soprattutto sulla sicurezza, dato che ad oggi l’80% degli incidenti riguarda casi in cui le auto o i camion investono proprio utilizzatori di monopattini e biciclette.
Lo studio suggerisce dunque di creare regole adeguate e investire sulle infrastrutture, comprese piste ciclabili e parcheggi designati. Nonostante tutte le difficoltà, BCG non ha dubbi: “gli e-scooter sono qui per rimanere e, insieme alle altre forme di micromobilità, saranno i protagonisti della mobilità urbana del futuro”.
Banca del Piemonte e Banca di Asti prendono parte all’operazione Open Banking Alliance lanciata a giugno da Banco Desio e Credimi, azienda fintech leader europeo del finanziamento digitale alle imprese, al fine di liberare ulteriori 30 milioni di euro per la ripresa delle PMI italiane, che vanno ad affiancarsi ai 50 milioni stanziati da Banco Desio.
Distanziamento garantito, spazi aperti, sport e natura.
“Le nostre strutture hanno tutte le carte in regola per offrire soggiorni indimenticabili, in luoghi incontaminati, lontani dalla folla, dove le distanze sono naturali, il cibo è buono e genuino. Senza rinunciare al comfort e alla vita moderna, si potranno così riscoprire sapori e saperi della cultura rurale italiana”.
Così il presidente di Agriturist, Augusto Congionti, evidenzia i pregi e le potenzialità degli agriturismi italiani. Sono 24.000 le strutture che permettono di godere di spazi aperti e di un rapporto autentico con la natura e la campagna, e di conoscere e apprezzare la cultura enogastronomica locale, oltre che di praticare sport, fare piscina o, semplicemente, rilassarsi.
Il distanziamento è garantito; ma anche l’agriturismo sta patendo le conseguenze del Covid-19. Soprattutto per l’assenza degli stranieri, l’effetto della crisi è evidente: dalla montagna alla collina, dal mare ai laghi, niente americani e orientali, pochissimi dal Regno Unito, tutti timorosi di dover effettuare la quarantena al loro ritorno. Infatti gli agriturismi stanno soffrendo gli effetti del Covid-19, proprio per l’alta riduzione degli ospiti stranieri che, nel 2019, hanno rappresentato il 58% dei pernottamenti contro il 50% degli alberghi.
La ripresa del turismo, si annuncia lenta e possibili ulteriori peggioramenti potrebbero intervenire nel periodo autunnale, qualora si verificasse la temuta “seconda ondata” di contagi. Se tale ipotesi si realizzasse, i pernottamenti 2020 negli agriturismi risulterebbero inferiori di oltre il 70% rispetto all’anno scorso. Lo ha previsto il Centro studi di Confagricoltura, che stima una conseguente riduzione del fatturato di settore di poco inferiore a 1,5 miliardi di euro. A fine 2020, pertanto, il fatturato dell’agriturismo (servizi di alloggio e ristorazione), dovrebbe attestarsi poco sotto i 600 milioni di euro, corrispondenti a meno di un terzo del fatturato del 2019, quando questo comparto ha segnato, rispetto all’anno precedente, incrementi di arrivi (+9,6%) e pernottamenti (+4,7%), nettamente superiori a quelli della generalità del turismo (rispettivamente +2,6% e +1,8%) e degli alberghi (rispettivamente +1,1% e +0,5%).
La pandemia, infatti, con il conseguente lockdown, ha interrotto la tendenza favorevole dell’agriturismo; ma il crescente piacere di vivere la vacanza all’aria aperta, a stretto contatto con la natura, in semplicità e genuinità, insieme a condizioni di accoglienza oggettivamente favorevoli alla prevenzione dal contagio da Coronavirus, pone il settore in condizioni più favorevoli per un più rapido ritorno alla condizione espansiva precedente il 2020.
Prevedibilmente, se la pandemia non tornasse a manifestarsi con notevole intensità, l’agriturismo potrà segnare un consistente recupero nel 2021 e riprendere pienamente lo sviluppo nel 2022.
In tutta l’Italia, nel 2018 gli agriturismi, dotati di 262.659 posti letto, hanno contato 13.427.707 presenze, delle quali 424.397 in Piemonte (10.393 posti letto) e 37.487 in Valle d’Aosta (578 i posti letto).
In Piemonte, secondo l’indagine di Agriturist, la situazione è a macchia di leopardo.
Nella nostra regione, infatti, ci sono strutture che hanno preferito rimanere chiuse almeno fino a settembre, altre hanno aperto alla clientela storica, che ben conosce e apprezza i valori degli agriturismi della regione.
La ripresa è lenta, ma il settore non si arrende e i suoi gestori sono convinti che si possa ancora una volta ripartire, proprio dall’agricoltura.
Sempre più persone scelgono di trascorrere le loro vacanze in Italia pedalando. Ed i dati sono in continuo aumento.
Il cicloturismo è un alleato per sostenere la ripresa del turismo, messo in ginocchio dalla pandemia, e per fruire delle bellezze dei territori italiani all’insegna dell’ambiente e della sostenibilità. Si tratta di una modalità di vacanza, spesso più economica di altre, fuori dai soliti itinerari che piacciono alle masse.
Le due ruote permettono di scoprire il territorio in maniera lenta e diretta, a contatto con la natura e osservando ciò che ci circonda senza filtri.
Il turismo su due ruote rientra perfettamente in quella che viene definita la Low Touch Economy, l’economia del distanziamento sociale, un nuovo modo di fare business dove sicurezza, salute, distanziamento, corto raggio muovono le nostre abitudini ed i nostri consumi.
Negli ultimi anni si è registrata una crescita esponenziale di chi ha scelto di trascorrere le vacanze pedalando nel nostro Paese. Per il 2020 ci si aspetta che lo scenario estivo registri un incremento significativo portando la quota dei cicloturisti a 30 milioni di presenze (+26% rispetto al 2019).
Nel rapporto realizzato da Isnart-Unioncamere e Legambiente emerge che l’utilizzo della bicicletta consente un notevole risparmio di emissioni di gas nocivi, fino a 1,5 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, e rappresenta una risposta ideale al bisogno di rigenerarsi dopo una fase di disagio. Chi adopera la bicicletta nella quotidianità o durante le vacanze, è certamente anche molto attento alla salute ambientale.
La bicicletta, garantendo in modo naturale il distanziamento sociale, sarà la protagonista della stagione estiva. Un’occasione per riscoprire all’aria aperta le nostre regioni, fare sport e tutelare la propria salute.
Nel 2019 il cicloturismo ha generato una spesa complessiva di 4,7 miliardi di euro, di cui 3 miliardi dalla componente internazionale dei turisti. Tedeschi, austriaci, francesi si distribuiscono nelle regioni del Nord come il Trentino, con i suoi 3.256 km di percorsi cicloturistici, e la Lombardia.
Di particolare importanza per lo sviluppo dell’offerta cicloturistica dei territori, è la presenza di infrastrutture, a partire dalle ciclovie e dai servizi dedicati, come il noleggio.
Secondo la ricerca di Unioncamere, le ciclovie italiane più gettonate sono: Trieste – Lignano Sabbiadoro -Venezia (43%), la Ciclovia del Garda (43%), la Ciclovia Tirrenica “Liguria-Toscana-Lazio” (29%), la Ciclovia Adriatica (29%) e la Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese (29%).
Ma bicicletta non è solo sinonimo di vacanza e turismo: sono quasi 2 milioni gli italiani che la usano come mezzo di trasporto quotidiano tanto che nel 2019, sono state vendute 1,7 milioni di biciclette (tre al minuto).
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha incoronato la bicicletta, insieme a monopattini elettrici e scooter, come il mezzo ideale per muoversi anche in città poiché in grado di ridurre gli affollamenti sui mezzi pubblici. Post quarantena sono tantissime le piste ciclabili realizzate in emergenza: strade in cui è stato posto il nuovo limite di velocità a 30 km/h proprio per tutelare i ciclisti.
Sono ancora molti i lavori da effettuare per favorire l’utilizzo delle due ruote, ma sarà quindi la bici il mezzo di trasporto del futuro?
E gli amanti della lettura soffrono la mancanza di eventi culturali che promuovano i libri.
Tra i tanti settori economici che, in Italia, stanno subendo duramente gli effetti penalizzanti della pandemia c’è sicuramente anche quello librario.
Nonostante l’aumento della lettura incentivata dall’obbligo di restare confinati in casa durante il periodo del lockdown, la chiusura delle librerie imposta in tutto il Paese dal 12 marzo al 13 aprile, seguita dalla parziale riapertura consentita in alcune regioni, ha messo in difficoltà questo canale commerciale. Oltre l’84% delle librerie italiane, si dichiarano in difficoltà nel fare fronte al proprio fabbisogno finanziario, come pagare i dipendenti, provvedere a bollette e affitti, sostenere gli oneri contributivi e fiscali.
Naturalmente, con i rivenditori sono stati danneggiati anche gli editori di libri, che in Italia sono circa duemila, occupano poco meno di diecimila persone e fatturano oltre 2,5 miliardi di euro all’anno. Nel 2018, hanno prodotto 75.758 titoli cartacei. Le grandi case editrici coprono quasi l’80% della produzione in termini di titoli e il 90% della tiratura. E se i piccoli editori pubblicano, in media, quattro titoli all’anno, stampando ciascuno poco più di 5.500 copie, i grandi editori producono mediamente 254 opere librarie, con una tiratura di oltre 600.000 copie. Territorialmente oltre la metà degli editori attivi è localizzata nel Nord, in particolare il 31,4% nel Nord Ovest. A Milano e Roma si concentrano circa un quarto degli editori attivi e il 39,7% dei grandi marchi.
A creare ulteriori problemi al settore, privandolo di un’importante opportunità di promozione, è anche il divieto, ancora vigente, di organizzare manifestazioni pubbliche e quindi fiere, come il Salone Internazionale del Libro di Torino, eventi e presentazioni letterarie, contestualmente alla chiusura di biblioteche, scuole e università. Gli eventi culturali, infatti, costituiscono un canale di commercializzazione non trascurabile per gran parte degli editori e permettono l’incontro tra autore e lettore.
Oltre la metà degli editori attivi, ha partecipato a saloni o festival letterari in Italia e/o all’estero nel 2018 (52,0% in media); il 41,1% ha organizzato convegni, conferenze, seminari o festival letterari e il 27,8% iniziative di educazione alla lettura nelle scuole, nelle biblioteche o nelle librerie. Un quinto dei grandi editori ha partecipato a saloni e festival non letterari.
Le librerie restano luoghi dove crescere culturalmente e socialmente, non a caso si dice che la lettura sia una medicina per l’anima.