Gli azionisti di Cedacri – FSI (27,1%), Banca Mediolanum (15,6%), Cassa di Risparmio di Asti (11,1%), Banco di Desio e della Brianza (10,1%), BPER Banca (7,5%), Banca Popolare di Bari (6,6%), Cassa di Risparmio di Bolzano (6,5%), Banca del Piemonte (4,2%), Credito Emiliano (3,9%), Cassa di Sovvenzioni e Risparmio fra il Personale della Banca d’Italia (2,0%), Società Reale Mutua di Assicurazioni (1,3%), Banca del Fucino (1,1%), Banca Valsabbina (1,1%), Cassa di Risparmio di Cento (1,0%), Cassa di Risparmio di Volterra (1,0%) – hanno firmato un accordo vincolante che prevede la cessione a ION delle rispettive partecipazioni azionarie in Cedacri, il principale operatore italiano nel mercato dell’outsourcing di servizi IT per banche e istituzioni finanziarie.
La Filiale di Savigliano si fa più bella e resterà chiusa per lavori di ristrutturazione da giovedì 17 marzo e fino a domenica 21 marzo.
Tutta l’operatività verrà temporaneamente trasferita presso la Filiale di Saluzzo, sita in Via Silvio Pellico 23/25, dove potrai trovare i servizi e la qualità di sempre.
La Filiale di Savigliano con la sua nuova veste riaprirà lunedì 22 marzo alle ore 12.
A partire da martedì 23 marzo ti aspettiamo, su appuntamento, con i consueti orari: 8.30-13.30, 14.45-16.00.
La pandemia e la zona rossa in cui quasi tutta Italia è costretta ci tengono lontani. Lontani non solo dagli amici e dai parenti, ma anche dai teatri, dalla musica e da tutte quelle forme di cultura ed intrattenimento che nutrono la nostra anima.
In questo inverno abbiamo dato vita, con gli amici di Tangram Teatro Torino, a “FARE TEATRO” un progetto di teatro in diretta live sulla nostra pagina Facebook e su Rete 7; oggi siamo lieti di essere vicini a Tangram e alla loro nuova avventura: “Dantedì”.
Il 25 marzo, nel giorno di Dante e del suo immenso lavoro come poeta, Tangram Teatro Torino ha inaugurato DANTEDì un progetto in 6 pillole di curiosità ed approfondimenti sulla Divina Commedia.
Una piccola terapia che consigliamo a tutti di seguire, per tornare, anche se ancora a distanza, a condividere e a gioire delle emozioni che la cultura ci regala.
Ieri è andata in onda la prima pillola, non perderti i prossimi appuntamenti di Dantedì, ogni giovedì per le prossime 5 settimane, sulla pagina Facebook e sul canale YouTube di Tangram Teatro Torino!
Nei centri storici dei capoluoghi provinciali del Piemonte sta cambiando la struttura commerciale, in conseguenza anche della crisi economica, che influisce sui consumi e le abitudini.
Alla fine del 2020, nei centri dei capoluoghi della regione sono state censite, complessivamente, 4.344 attività di commercio al dettaglio, mentre erano ancora 5.052 al 31 dicembre 2012.
Da allora ne sono scomparse 708, cioè il 14%. Un tasso che giustifica l’aggettivo “desolante” usato dal Centro studi di Confcommercio per commentare la sua analisi sulla “Demografia d’impresa delle città italiane”, la quale ha evidenziato un “processo di desertificazione commerciale”, essendo sparite nelle città del nostro Paese, tra il 2012 e il 2020, oltre 77.000 attività di commercio al dettaglio e quasi 14.000 imprese di commercio ambulante.
Il fenomeno ha riguardato, sia pure in misura diversa, il “cuore” di tutti i capoluoghi provinciali piemontesi: tra il 2012 e l’anno scorso, le attività di commercio al dettaglio sono diminuite da 799 a 665 ad Alessandria, da 590 a 460 ad Asti, da 448 a 348 a Biella, da 346 a 340 a Cuneo, da 602 a 472 a Novara, da 1.838 a 1.619 a Torino, da 238 a 179 a Verbania e da 291 a 261 a Vercelli.
Però, il Centro studi di Confcommercio ha rilevato, nello stesso periodo, anchel’aumento di un’altra componente degli esercizi pubblici fondamentale per la vita dei centri storici delle nostre città, quella formata da bar, ristoranti e alberghi.
Nell’insieme dei centri dei capoluoghi piemontesi, bar, ristoranti e alberghi alla fine del 2020 sono risultati 2.836, il 10% in più rispetto ai 2.575 di fine 2012. Ma la crescita non ha riguardato tutti i centri; infatti, Biella e Novara hanno denunciato un calo: da 174 a 165 a Biella e da 309 a 297 a Novara. Invece, sono passati da 374 a 432 ad Alessandria, da 244 a 260 ad Asti, da 138 a 161 a Cuneo, da 1.097 a 1.264 a Torino, da 127 a 130 a Verbania e da 112 a 118 a Vercelli.
Va subito aggiunto, tuttavia, che anche per il comparto formato da bar, ristoranti e alberghi il quadro è destinato a essere modificato dalla pandemia, che sta acuendo le tendenze negative e sfavorevoli.
Come sottolineato dallo stesso Centro studi di Confcommercio, nel 2021, solo nei centri storici dei 110 capoluoghi di provincia e altre 10 città di media ampiezza, oltre a un calo ancora maggiore per il commercio al dettaglio (-17,1%), si registrerà, per la prima volta nella storia economica degli ultimi due decenni, anche la perdita di un quarto delle imprese di alloggio e ristorazione (-24,9%).
Quindi, le città saranno non solo con meno negozi, ma anche con meno attività ricettive e di ristorazione, mentre hanno più farmacie, diventate ormai luoghi per sviluppare la cura del sé e non solo tradizionali punti di approvvigionamento dei medicinali (+19,7%) e più negozi di informatica e comunicazioni (+18,9%). “Il rischio di non “riavere” i nostri centri storici come li abbiamo visti e vissuti prima della pandemia è, dunque, molto concreto e questo significa minore qualità della vita dei residenti e minore appeal turistico”.
A livello nazionale, per il commercio in sede fissa, è emerso che tiene, in una qualche misura, la numerosità dei negozi di base come gli alimentari (-2,6%) e quelli che, oltre a soddisfare bisogni primari, svolgono nuove funzioni, come le tabaccherie (-2,3%).
Il resto dei settori merceologici, invece, è in rapida discesa: si tratta dei negozi dei beni tradizionali che si spostano nei centri commerciali o, comunque, fuori dai centri storici e che registrano riduzioni che vanno dal 17% per l’abbigliamento al 25,3% per libri e giocattoli, dal 27,1% per mobili e ferramenta fino al 33% per le pompe di benzina.
Quanto alle dinamiche riguardanti ambulanti, alberghi, bar e ristoranti, a fronte di un processo di razionalizzazione dei primi (-19,5%), il futuro è molto incerto per alberghi e pubblici esercizi, che pure, nel periodo 2012-2020, hanno registrato rispettivamente +46,9% e +10%.
PHOTO ACTION PER TORINO 2020 In mostra alla GAM fino al 6 giugno la “chiamata alle arti” ideata, coordinata e curata da Guido Harari e Paolo Ranzani.
Un progetto benefico i cui proventi andranno completamente a sostenere il Fondo Straordinario Covid-19 dell’Associazione UGI.
Alla chiamata hanno risposto più di 100 fotografi che, a titolo gratuito, hanno messo a disposizione del progetto una loro immagine, proposta per l’occasione ad una cifra simbolica.
La mostra alterna immagini classiche e inedite, rese disponibili per la prima volta in una collezione esclusiva per Photo Action per Torino che include: grandi icone del XX° Secolo, moda, musica, reportage e travel, spettacolo e molto altro.
E quale occasione migliore di questa che ci offre contemporaneamente l’occasione di godere di immagini scattate da fotografi di fama mondiale e di fare del bene per tornare ad immergerci nell’intimità di un museo?
Un evento imperdibile per contribuire a regalare alle famiglie di UGI un po’ di speranza e a noi, più fortunati, un assaggio di normalità.
La televisione non soltanto continua a rappresentare una delle principali fonti d’informazione nel nostro Paese, sebbene il processo di digitalizzazione e la distribuzione dei contenuti attraverso internet abbia portato alla diffusione di nuovi modelli di fruizione dei media; ma resta anche un mercato rilevante. Nel 2019, il settore televisivo ha registrato un giro d’affari di otto miliardi di euro, con un’incidenza vicina allo 0,5% del Pil nazionale.
Rispetto all’anno prima, c’è stato un calo, sia per la Tv in chiaro (il fatturato è stato di 4,8 miliardi, inferiore dello 0,5%) sia, soprattutto, per la Tv a pagamento (3,2 miliardi, diminuito dell’8,1%). Il calo 2019 della Tv a pagamento è dovuto all’ingente diminuzione degli introiti pubblicitari (-24,5%) e alla riduzione dei ricavi sugli abbonamenti (-6,6%).
Il mercato italiano si conferma concentrato, con i tre principali operatori televisivi – Rai, Mediaset e Sky Italia- che detengono quasi l’85% dei ricavi televisivi nazionali. In particolare, Sky ha registrato 3,1 miliardi, Rai 2,6 e Mediaset 1,9, che diventano 2,9 con le attività all’estero. Sono numerosi i player italiani controllati da gruppi statunitensi: il loro fatturato aggregato è di 3,9 miliardi, mentre gli operatori italiani del comparto segnano un giro d’affari di tre miliardi. Tra i gruppi americani il maggiore operatore è sempre Sky, seguito da Disney con 412 milioni.
Sky guida la classifica anche per offerta di canali Tv con tre canali in chiaro e 40 a pagamento, posizionandosi così davanti a Mediaset (15 in chiaro e sette a pagamento).
Comunque, la competizione oramai si è trasferita sulle piattaforme streaming, dove tutti i principali operatori italiani possiedono almeno una piattaforma Vod per la fruizione dei contenuti in broadband. E proprio grazie al continuo sviluppo delle piattaforme di streaming, nel periodo 2015-2019, i colossi privati del settore televisivo sono cresciuti in media del 3,3%. In particolare, quelli statunitensi, a partire da Netflix (+31,3%).
Il fenomeno è stato accentuato dalla pandemia, che ha fatto registrare una ponderosa crescita del pubblico, soprattutto tra i sottoscrittori dei servizi Video on Demand. Gli abbonamenti Tv sono aumentati del 7,9%; ma con tendenze opposte tra streaming (in crescita a doppia cifra) e pay Tv, in calo anche a causa della cancellazione e/o riprogrammazione di tanti eventi sportivi.
Comunque, Rai e Mediaset si confermano i principali operatori, rispettivamente con il 35,2% e il 32,1% di share nel giorno medio nel 2020.
Rai1 resta il canale più seguito dagli italiani (16,4% nel 2020), davanti a Canale 5 (15%). La top ten italiana dei canali televisivi per share è completata da Rai3 (6,9%), Rai2 (4,9%), Italia1 (4,8%), Rete4 (3,8%), La7 (3,4%), Tv8-Sky (2,1%), Nove-Discovery (1,7%) e Real Time-Discovery (1,4%).
Per quanto riguarda i telegiornali serali, prevale il Tg1 delle 20 (24,5% di share), che supera il Tg5 (19,7%). Nella graduatoria, vengono poi, nell’ordine: Tgr (15,1% di share), Tg3 (12,7%), Tg2 (7,5%), Studio Aperto (6,1%), TgLa7 (5,3%) e Tg4 (3,7%). L’anno scorso, ha perso share unicamente il Tg de La7.
La Germania rappresenta il servizio radiotelevisivo pubblico col maggior fatturato (8,7 miliardi nel 2019), tre volte superiore rispetto a quello italiano, che è minore anche di quelli della Gran Bretagna (7 miliardi) e della Francia (3,7 miliardi). Però, l’Italia ha il primato per incremento del giro d’affari (+2,9% sul 2018), pur mostrando i ricavi pro-capite più bassi della Tv pubblica nel confronto europeo: 44 euro per ogni residente contro i 105 euro nel Regno Unito, 104 euro in Germania e 55 euro in Francia. L’Italia (Rai) si distingue anche per redditività industriale: nel 2019 la Tv pubblica italiana è l’unica col segno positivo in Europa, con un ebit margin del 2,9%.
Fra l’altro, l’Italia presenta il canone più basso fra i maggiori Paesi europei, inferiore anche alla media europea (0,25 euro al giorno per abbonato, contro una media europea di 0,33). Molto più costose per i contribuenti la Tv pubblica tedesca (0,58 euro al giorno), quella britannica (0,50) e la francese (0,38). Dal 2015 al 2019, fra i maggiori Paesi europei, solo l’Italia ha ridotto il canone pro-capite; la Gran Bretagna l’ha incrementato dell’8,2% e la Francia del 2,2%, stabile quello tedesco. Nel 2019, la Rai ha incassato 74,3 dei 90 euro (l’83%) pagati annualmente da ogni abbonato.