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Privati, Imprese - 12 Gennaio 2023

Crollo delle nascite, dati e cause

Nuovo record negativo per le nascite.

In Italia, nel 2021, ne sono state registrate 400.249, circa 4.500 in meno rispetto al 2020 (-1,1%). Lo ha comunicato l’Istat, aggiungendo che dal 2008 le nascite nel nostro Paese sono diminuite di 176.410 unità (-30,6%). E il nuovo calo è attribuibile, per la quasi totalità, alle nascite da coppie di genitori entrambi italiani (314.371 nel 2021, quasi 166 mila in meno rispetto al 2008).

Si tratta di un fenomeno di rilievo, in parte dovuto agli effetti strutturali indotti dalle significative modificazioni della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra 15 e 49 anni.

In questa fascia di popolazione, le donne italiane sono sempre meno numerose: da un lato, le cosiddette baby-boomers (ovvero le donne nate tra la seconda metà degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta) sono quasi del tutto uscite dalla fase riproduttiva; dall’altro, le generazioni più giovani sono sempre meno consistenti.

A partire dagli anni duemila l’apporto dell’immigrazione, con l’ingresso di popolazione giovane ha parzialmente contenuto gli effetti del baby-bust. Ma l’apporto positivo dell’immigrazione sta lentamente perdendo efficacia man mano che invecchia anche il profilo per età della popolazione straniera residente.

Nel complesso, a diminuire sono soprattutto le nascite all’interno del matrimonio, pari a 240.428, quasi 20 mila in meno rispetto al 2020 e 223 mila in meno nel confronto con il 2008 (-48,2%). Ciò è dovuto innanzitutto al forte calo dei matrimoni, che si è protratto fino al 2014 per poi proseguire con un andamento altalenante.

A ciò va aggiunto che nel 2020 la pandemia ha indotto molte persone a rinviare o a rinunciare alle nozze, al punto che il numero dei matrimoni si è pressoché dimezzato (-47,4%).

E la denatalità sembra destinata a proseguire nel 2022. Secondo i dati provvisori riferiti al periodo gennaio-settembre, le nascite sono diminuite di 6 mila unità rispetto allo stesso periodo del 2021.

Nel 2021 i primi figli sono stati 186.485, il 46,6% del totale dei nati. La fase di calo della natalità avviatasi nel 2008 ha portato a una progressiva contrazione dei primogeniti che sono il 2,9% in meno sul 2020 (-5.657) e il 34,5% in meno sul 2008. La forte contrazione dei primi figli interessa tutte le aree del Paese, a eccezione della provincia di Bolzano.

Tale fenomeno testimonia la difficoltà che hanno le coppie, soprattutto le più giovani, nel formare una nuova famiglia con figli; problematica diversa rispetto all’inizio del millennio, quando la criticità riguardava soprattutto il passaggio dal primo al secondo figlio.

Tra le cause del calo dei primi figli vi è la prolungata permanenza dei giovani nella famiglia di origine, a sua volta dovuta a molteplici fattori: il protrarsi dei tempi della formazione, le difficoltà che incontrano i giovani nell’ingresso nel mondo del lavoro e la diffusa instabilità del lavoro stesso, le difficoltà di accesso al mercato delle abitazioni, una tendenza di lungo periodo di bassa crescita economica, oltre ad altri possibili fattori di natura culturale.

In un contesto di nascite decrescenti prosegue e si rafforza l’aumento dei nati fuori dal matrimonio: sono 159.821 nel 2021 (+14 mila nell’ultimo anno e +47 mila dal 2008), pari al 39,9% del totale (35,8% nel 2020). Nel caso di genitori entrambi italiani, i nati fuori del matrimonio raggiungono il 43%. Per i nati da genitori entrambi stranieri, la quota raggiunge il 26,5%, oltre 16 punti percentuali in meno rispetto alle coppie di entrambi italiani.

L’aumento della quota dei nati fuori dal matrimonio nell’ultimo anno, superiore alla media degli ultimi dieci anni, può essere messo in relazione al dimezzarsi dei matrimoni tra il 2019 e il 2020.

Fra l’altro, l’Istat ha rilevato che dal 2012 al 2021 diminuiscono anche i nati con almeno un genitore straniero (21.461 in meno) che, con 85.878 unità, costituiscono il 21,5% del totale dei nati.

Le boomers straniere, che hanno fatto il loro ingresso regolarmente come immigrate o sono “emerse” o sono stare “ricongiunte” a seguito delle regolarizzazioni di inizio secolo, hanno realizzato nei dieci anni successivi buona parte dei loro progetti riproduttivi nel nostro Paese, contribuendo in modo importante all’aumento delle nascite e della fecondità di periodo. Ma le cittadine straniere residenti, che finora hanno parzialmente riempito i “vuoti” di popolazione femminile ravvisabili nella struttura per età delle donne italiane, stanno a loro volta invecchiando.

 

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