Privati - 22 Novembre 2022
In Italia record di ELET e NEET
Una delle priorità dell’Unione europea nel campo dell’istruzione e della formazione è la riduzione dell’abbandono scolastico, che ha gravi ripercussioni sulla vita dei giovani e sulla società in generale. Il fenomeno è monitorato, a livello europeo, attraverso la quota di 18-24enni che, in possesso al massimo di un titolo secondario inferiore, sono fuori dal sistema di istruzione e formazione (Elet-Early Leavers from Education and Training).
Questo indicatore è stato uno dei benchmark della Strategia Europa 2020, che ne fissava il valore target europeo al 10%, abbassato al 9% per il 2030.
In Italia, nel 2021 la quota di 18-24enni con al più un titolo secondario inferiore e non più inseriti in un percorso di istruzione o formazione è stimata al 12,7%, pari a 517mila giovani. Lo ha censito l’Istat, aggiungendo che nonostante l’Italia abbia registrato notevoli progressi sul fronte degli abbandoni scolastici, la quota di Elet resta tra le più alte dell’Ue (9,7%), inferiore solo a Spagna (13,3%) e Romania (15,3%); in Francia è al 7,8% e all’11,8% in Germania.
In particolare, tra i giovani con cittadinanza non italiana, il tasso di abbandono precoce degli studi è oltre tre volte quello degli italiani: 32,5% contro 10,9%.
Così come il raggiungimento di un titolo terziario, anche la dispersione scolastica è fortemente condizionata dalle caratteristiche socio-economiche della famiglia di origine. Se il livello di istruzione è basso, si riscontrano incidenze di abbandoni precoci molto elevate. L’abbandono degli studi prima del diploma riguarda il 25,8% dei giovani con genitori aventi al massimo la licenza media, scende al 6,2% se i genitori hanno un titolo secondario superiore e al 2,7% se almeno un genitore è laureato.
L’Istat ha anche rilevato che i giovani non più inseriti in un percorso scolastico/formativo e non impegnati in un’attività lavorativa, i cosiddetti Neet (Neither in Employment nor in Education and Training), presentano caratteristiche e motivazioni di base eterogenee, ma hanno in comune una condizione che, se protratta a lungo, può comportare il rischio di concrete difficoltà di inclusione nel mondo del lavoro.
Nel 2021, in Italia, la quota di Neet sul totale dei 15-29enni è pari al 23,1%, in leggero calo rispetto alla crescita registrata nel 2020 per l’impatto della pandemia sull’occupazione, ma è 10 punti percentuali superiore a quella europea (13,1%). L’Italia, perciò, continua a registrare la più alta quota di Neet nella Ue27, decisamente più elevata di quella osservata in Spagna (14,1%), Francia (12,8%) e Germania (9,2%).
Nel 2021, l’incidenza dei Neet è pari al 23% tra i giovani con al più un titolo secondario inferiore, al 24,9% tra chi ha un titolo secondario superiore e al 17,3% per coloro che hanno conseguito un titolo terziario. Nel Mezzogiorno la quota di Neet è pari al 32,2% (17% e 19,6% nel Nord e nel Centro) e sale al 33,3% tra gli stranieri (21,9% tra gli italiani), con una forte differenza di genere: 42% è la quota di Neet tra le straniere e 23,% tra le italiane (24,2% e 20,9% le rispettive quote degli uomini).
La percentuale maggiore di inattivi si rileva tra i giovani Neet con al più un titolo secondario inferiore (45,1%), soprattutto se donne (56,8%). L’inattività è minima tra i Neet del Mezzogiorno, tra i quali ben il 71% (53,3% nel Nord e 64,1% nel Centro) si dichiara interessato al lavoro, a indicare come in quest’area del Paese le minori opportunità lavorative pesino di più sulla condizione di Neet.
L’Istat ha comunicato inoltre che nel 2021, il 51,6% dei Neet disoccupati è alla ricerca attiva di lavoro da almeno 12 mesi, una quota più alta di quella del 2020 (44,9%). I Neet disoccupati (cioè alla ricerca attiva di un lavoro) sono quelli più attenti alle dinamiche del mercato del lavoro e dunque più facilmente integrabili; tuttavia, se la ricerca di un’occupazione si prolunga nel tempo cresce il rischio di transito all’area dell’inattività.
I Neet disoccupati da 12 mesi o più sono 350mila e risiedono prevalentemente nelle regioni meridionali, dove rappresentano il 61% dei Neet disoccupati (46,3% nel Centro e 39,4% nel Nord).