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Privati, Imprese - 19 Dicembre 2023

Le case degli italiani sono troppo vecchie

“Efficientamento energetico. La propensione delle famiglie italiane al rinnovamento e alla ristrutturazione della casa”.

È il titolo della ricerca che, curata da Nomisma, prende le mosse da una radiografia delle unità abitative italiane e ne conferma la loro vetustà, dato che meno di un italiano su dieci vive in case costruite dopo il 2010.

Il patrimonio abitativo nazionale, pertanto, è costituito prevalentemente da case vecchie, per lo più di metrature comprese fra i 70 e i 109 m2 e, complessivamente, poco efficienti sotto il profilo energetico.

Lo conferma anche il giudizio degli intervistati, in relazione al loro grado di soddisfazione sui consumi energetici della propria abitazione: il 56% delle famiglie si dichiara insoddisfatto, con punte del 65% nelle province di Roma e Firenze, il 62% in quella di Bologna e il 61% nel Veronese. Il dato della soddisfazione e adeguatezza dell’impianto risulta migliore per quanto riguarda il condizionamento (66%), a fronte di un 56% di valutazioni positive per l’impianto di riscaldamento in funzione.

Il grado di consapevolezza delle famiglie, rispetto all’efficienza energetica della propria abitazione appare approssimativo: ben il 54% degli intervistati non conosce la classe energetica dell’edificio in cui abita e, fra i rispondenti, il 30% identifica una classe energetica collocata fra la D e la G.

Se prendiamo in considerazione gli impianti, i dati elaborati da Nomisma evidenziano che il sistema di riscaldamento autonomo è quello di gran lunga prevalente (71%), per lo più caratterizzato dalla presenza di radiatori/termosifoni (85%), con temperature regolate attraverso un termostato centralizzato (62%), valvole termostatiche (25%) e domotica (5%).

Gli impianti sono alimentati in gran parte da metano/gas di rete (73%); a seguire, energia elettrica (6%), biomasse (6%), energia solare (5%) e Gpl (5%).

Solamente il 36% delle famiglie italiane ha in casa una caldaia con meno di cinque anni di vita; per il 28% degli intervistati l’anzianità dell’impianto è di almeno 10 anni, per il 4% di oltre 20; la tipologia è equamente suddivisa fra caldaie a condensazione (42%) e caldaie di tipo convenzionale (41%).

Il 62% dei rispondenti dichiara inoltre di avere in casa un condizionatore fisso, il 27% una pompa di calore e il 20% uno scaldabagno elettrico per la produzione di acqua calda.

Solamente il 12% delle famiglie dichiara di avere un’abitazione munita di impianto fotovoltaico; le tre province in testa alla classifica sono Reggio Calabria (23%), Bari (15%) e Bologna (12%). Dispone di un impianto solare termico il 9% delle famiglie: ma la quota sale al 17% nella provincia di Reggio Calabria e al 9% in quelle di Torino e Napoli.

Nomisma sottolinea, inoltre, come negli ultimi 12 mesi, solo l’11% delle famiglie abbia effettuato interventi di miglioramento e/o ristrutturazione volti a migliorare la classe energetica della propria unità abitativa, mentre addirittura il 50% degli intervistati non ha mai effettuato questo tipo di interventi e non ha in programma di farlo.

Chi lo fa fatto, ha indicato come motivazioni principali, nell’ordine: riduzione dei consumi energetici, miglioramento del comfort abitativo, utilizzo degli incentivi statali. Il costo medio degli interventi realizzati è stato nell’ordine dei 20.200 euro.

Si è trattato soprattutto di interventi finalizzati al miglioramento termico dell’edificio (71%), all’installazione di impianti di condizionamento (64%), all’implementazione di dispositivi di domotica e gestione dei consumi (45%) e all’installazione di pannelli solari/impianti fotovoltaici (31%). Significativo anche il dato relativo alla messa in opera di sistemi per il recupero acque (27%).

Fra quelli che invece non hanno realizzato investimenti di questo tipo, le principali motivazioni “frenanti” sono state quelle relative ai costi (per il 46% gli interventi sono troppo onerosi), alla mancata necessità di efficientare gli impianti, alla complessità e al rischio percepiti nel percorso di accesso agli incentivi (bonus).

Il 75% delle famiglie che hanno effettuato interventi di questo tipo negli ultimi 12 mesi ha fatto richiesta di detrazioni fiscali e bonus; se non ci fossero stati gli incentivi, il 39% non si sarebbe attivato.

Gli scenari futuri (prossimi 12 mesi) appaiono segnati da preoccupazioni, dubbi e incertezze per le famiglie italiane, condizionate, inevitabilmente, da una perdita del potere d’acquisto: per il 46% delle famiglie, il reddito disponibile appare appena sufficiente per far fronte alle necessità primarie, per il 14% è insufficiente e per il 3% è gravemente insufficiente.

Non sorprende, quindi, che sia solamente poco più di una famiglia su quattro a dichiarare di voler realizzare nei prossimi 12 mesi interventi di miglioramento e/o ristrutturazione dell’abitazione volti a migliorare la classe energetica, prevedendo un costo medio pari a 16.200 euro.

Comunque, resta confermato il ruolo essenziale dei bonus: la maggioranza di chi investirà (stiamo parlando di 8 famiglie su 10), lo farà ancora una volta “motivata” dall’esistenza dei bonus edilizi, sia pure in versione “light”, a partire da ecobonus e bonus casa, a cui si aggiungono gli incentivi regionali, il superbonus e il conto termico.

Il 66% di coloro che hanno intenzione di effettuare interventi di efficientamento energetico dichiara che probabilmente non si attiverebbe in assenza di questi incentivi.

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