
Capitolo 18
Se crediamo a quello che scrivono i giornali…
Premendo nervosamente con le dita sul bilanciere che reggeva la cornetta, Camillo Venesio riprese la linea e si mise di nuovo in comunicazione col centralino: «Appena Romano rientra mandatelo da me.» Ma invece di aspettarlo nel suo ufficio, impaziente, Camillo scese nel salone, lo attraversò scambiando qualche saluto con i clienti e uscì sul marciapiede ad attendere l’arrivo del fattorino. Fuori il freddo, dopo qualche giorno di tregua, era tor-nato pungente, ma il banchiere sembrava non accorgersene, assorbito com’era da nuovi pensieri e da nuove ipotesi. Quando Romano arrivò, non gli diede neanche il tempo di smontare dalla bici: «Questa sera mi serve il tuo aiuto. Puoi venire alle sei e mezza all’officina di via Modena?» «Certo dottore.» «Allora ci vediamo là.» Tutto lì. Che bisogno c’era poi di tutta quella frenesia, di quell’uscire dall’ufficio, di quell’aspettare fuori? Nessuno, ma nell’agitazione Camillo sentiva che il suo cervello lavorava più speditamente e il tempo delle decisioni rapide era arrivato.

Capitolo 19
La resa dei conti
Esitò. Stava per entrare nella parte più delicata del racconto, quella più dolorosa e di fronte a sé non aveva solo il dottor Venesio, ma anche Botto, che lui aveva artatamente minacciato e maltrattato, e Romano, col quale non era stato meno villano. Era difficile parlare liberamente davanti a quella specie di corte. Senza contare i due angeli custodi alle sue spalle, quello giovane, che gli aveva portato da bere, e l’altro, che ricordava di aver visto insieme al fratello, una pelle da galera come lui.

Capitolo 20
Saper portare lo sguardo oltre l’orizzonte
Camillo girò la chiavetta e il motore “Tipo 99” rielaborato da Botto si spense in un sussurro. Avevano fatto un bel giro, lui e la signora Giannina, con la macchina scoperta che correva leggera lungo la via Aurelia. Sotto i loro occhi erano sfilate spiagge inondate di sole e gremite di gente in festa. Era la ripresa.